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Una tua sorellona verdastra mi ha incantato, un pomeriggio d'estate.
Eravamo io, lei e i suoi tre carburatori intasati dall'oblio.
Non parlo certo il giapponese, nè lo amo molto, ma con quel fanalone mi intesi subito.
Fu gioia, emozione, brivido, quando i muri tremarono e l'aria si riempì del suono e del profumo dei suoi tre cilindri borbottanti.
Kawasaki mach 3.
Abbiamo chiaccherato a lungo, i miei occhi fissi ai terminali.
Un saluto dolce ci accompagnò.
Da allora mi manca quella cattiveria felina che mi stregò allora.
Arrivò una sera, mentre passavo il tempo a sfogliare il mitico Subito.
Blu elettrica bella da levare il fiato.
Decisi di incontrarla subito, tra le nebbie del tortonese.
Bella, ma con un lieve difetto di pronuncia: solo due cilindri mi salutarono festosi, mentre il terzo, mogio, era muto.
Sconsolato, lasciai passare qualche tempo, prima di poterla udire a piena voce urlare la sua sensualità sfrenata.
Ora borbotta insieme a me ai semafori e si lancia a squarciagola per le strade ghiacciate, consumando ettolitri di benzina e di olio.
Che importa se quel telaio è leggerino per il tuo triplice cuore giapponese?
Che importa se ogni volta che ti porto sopra i 6000 giri scondinzoli dietro allegra?
La felicità non ha prezzo.
E poco importa se a molti sei rimasta in mente col nome di Bara volante o di Moto della Morte.
Bella, forte, emozionante, con quel che di gramisia (
cattiveria, in piemontese ndr), che non puoi non amarla.
Per qualche pomeriggio, le vecchie bacchette cigoleranno tra loro in garage.
Invidiose di quel suono e di quella rabbiosa gioia che tu, solo tu, sai donarmi.