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giovedì 19 settembre 2019
Vola l'estate
Stamattina , in macchina, volava una zanzara.
In tempi recenti l'avrei schiacciata senza remore, rischiando l'incidente e sperticandomi in voli acrobatici.
Oggi, cielo plumbeo , maglioncino a collo alto, un autunno sempre più immanente, ho desistito.
Ho frenato ed ho aperto il finestrino.
Ho dato due bracciate perché, sospinta dalla folata, uscisse illesa.
L'ho vista uscire, credo poco consapevole della grazia ricevuta.
Volava verso la campagna, lontano tra le nebbie .
Vola l'estate, ho pensato.
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venerdì 8 febbraio 2019
Gira che ti rigira.
Fa freddo eppure qualcosa da fuori mi chiama.
La luce del primo crepuscolo balugina incerta sopra i tetti di Bra e lo sguardo di mia madre mentre infilo sciarpa e guanti vale già la strada che farò.
" Col freddo che fa" mi dice.
Sorrido.
Guardandole appese sorrido imbarazzato ma, dico davvero, è dalla sera prima che sento di volerla pedalare.
Sudando come un dannato scarto almeno 8 biciclette prima di togliere dal gancio la vecchia Lygie.
" Freni a tenaglia, gomme giù.." penso .
Una bella gonfiata e qualche pacca di straccio le ridanno il bel vigore che ancora sa offrire.
Uno dei pochi restauri non miei, ma ben fatto: qualcosa da rivedere c'è, più avanti. Magari in primavera, penso, mentre già il viale si fa sotto e le prime luci delle auto sfrecciano anonime verso chissà dove.
Pedalo e so già che andare a fare la commissione è solo una scusa e so ancor meglio come allungare a bella posta il tragitto.
Mille anni che non pedalo eppure la gioia è sempre lei; solo la fatica si sente : gioia pur essa.
Gira che ti rigira tra i dedali che ho amato e ancora desidero finisco sempre al vecchio mercato del bestiame, dove da piccolissimo osservavo le vecchie bici appoggiate alle traverse e mi specchiavo nelle gemme impolverate misurando la mia piccolezza rispetto ai copertoni altissimi.
" Ero piccolo" penso appoggiando la Lygie.
Mi siedo.
Intorno molto è cambiato e molto cambierà ancora, ma se qualcosa vorrei conservare è proprio quella piazza con la terra e i giocatori di bocce e anche le bestemmie e le cappelline d'estate e le canottiere sudate.
Paesani muoiono a frotte e nuova gente e nuove culture prendono piede nella città: il mondo fila così.
Pure, perché tutto scorra senza rancori e senza troppe rabbie, qualcosa dovrà restare, qualcosa che dia senso e continuità a ciò che fummo per farci migliori e più fermi in ciò che saremo.
Queste e molte altre cose ho pensato, pedalando dopo i cinque minuti di allegra nostalgia sotto quel portico di cemento, tra la polvere ghiacciata di una piazza che non muore.
La bicicletta di queste cose se ne infischia altamente e scorre lieta sugli asfalti in pendenza che mi riporteranno a casa, sudato .
Mia madre, compassionevole, studierà con un'occhiata i miei sudori e, porgendomi qualcosa di caldo sarà lesta a dirmi: gira che ti rigira.
La luce del primo crepuscolo balugina incerta sopra i tetti di Bra e lo sguardo di mia madre mentre infilo sciarpa e guanti vale già la strada che farò.
" Col freddo che fa" mi dice.
Sorrido.
Guardandole appese sorrido imbarazzato ma, dico davvero, è dalla sera prima che sento di volerla pedalare.
Sudando come un dannato scarto almeno 8 biciclette prima di togliere dal gancio la vecchia Lygie.
" Freni a tenaglia, gomme giù.." penso .
Una bella gonfiata e qualche pacca di straccio le ridanno il bel vigore che ancora sa offrire.
Uno dei pochi restauri non miei, ma ben fatto: qualcosa da rivedere c'è, più avanti. Magari in primavera, penso, mentre già il viale si fa sotto e le prime luci delle auto sfrecciano anonime verso chissà dove.
Pedalo e so già che andare a fare la commissione è solo una scusa e so ancor meglio come allungare a bella posta il tragitto.
Mille anni che non pedalo eppure la gioia è sempre lei; solo la fatica si sente : gioia pur essa.
Gira che ti rigira tra i dedali che ho amato e ancora desidero finisco sempre al vecchio mercato del bestiame, dove da piccolissimo osservavo le vecchie bici appoggiate alle traverse e mi specchiavo nelle gemme impolverate misurando la mia piccolezza rispetto ai copertoni altissimi.
" Ero piccolo" penso appoggiando la Lygie.
Mi siedo.
Intorno molto è cambiato e molto cambierà ancora, ma se qualcosa vorrei conservare è proprio quella piazza con la terra e i giocatori di bocce e anche le bestemmie e le cappelline d'estate e le canottiere sudate.
Paesani muoiono a frotte e nuova gente e nuove culture prendono piede nella città: il mondo fila così.
Pure, perché tutto scorra senza rancori e senza troppe rabbie, qualcosa dovrà restare, qualcosa che dia senso e continuità a ciò che fummo per farci migliori e più fermi in ciò che saremo.
Queste e molte altre cose ho pensato, pedalando dopo i cinque minuti di allegra nostalgia sotto quel portico di cemento, tra la polvere ghiacciata di una piazza che non muore.
La bicicletta di queste cose se ne infischia altamente e scorre lieta sugli asfalti in pendenza che mi riporteranno a casa, sudato .
Mia madre, compassionevole, studierà con un'occhiata i miei sudori e, porgendomi qualcosa di caldo sarà lesta a dirmi: gira che ti rigira.
martedì 13 settembre 2016
Viola la notte
La notte,qui
è un silenzio che dura
un nero inviolato.
Non le consolanti
luci e suoni
della città sempreviva
Ma un'eterna quiete
che spaura il foresto.
Nel nulla che inquieta
esplodono improvvisi
lo stridio d'un rapace
la caduta d'un ramo.
Sussulta la donna
mentre, trepidante
tenta l'ascolto
della profonda e muta oscurità.
Vorrebbe un abbraccio
una stretta che dice,
una mano amica.
Dal buio
sorge una luce, solitaria.
Le tenebre, ormai vinte,
festeggiano la loro vittoria.
-26-08-2016 a Viola.
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venerdì 8 aprile 2016
La rama che frusta
Vorrei essere
lì con te
nella quiete che respiri.
Ma qui devo restare
a farmi frustare dalla rama
che inesorabile colpisce.
E tanto farà,
che presto sarò con te
nella pace
Che qui non c'è.
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