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martedì 16 gennaio 2024
Da prendere con le molle: Monterosa extra lusso
Quando ti dicono che sono esperti, va preso con le molle.
Quando ti dicono che sanno quali sono le bici importanti, quelle giuste, idem.
Per questo hanno lasciato ammuffire sul web questa meraviglia, con le molle.
Una volata nell'alessandrino ed è subito entrata a fare parte del mucchio selvaggio!
Monterosa Extra lusso, fine anni '40, completamente originale e montata in fabbrica con forcella a parallelogramma con frenata Monterosa dedicata.
Meraviglioso ed unico il manubrio con frenata mista cavo-bacchetta costruito anche esso in Monterosa.
Decalcomanie, filetti, marcature su mozzi e pedivelle, persino la sella, ogni cosa dice Monterosa!
Probabilmente questa bici era stata costruita oper ospitare un motore ausiliario , anche se non ho trovato traccia alcuna sul telaio che indichi che esso sia mai stato effettivamente montato.
Dall'usura dei pattini e le gomme Pirelli Stella bianche ancora semi-integre deduco che essa sia stata usata pochissimo, un vero peccato.
Dopo attenta pulizia e prudenziale sostituzione delle coperture, sarà un piacere condividerla alla prossima bacchettata di primavera di Maggio 2024 !
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mercoledì 23 giugno 2021
Grazie,Graziella e......
In molti mi chiedono perché non abbia più pubblicato nulla, rispetto alle bici. Mi chiedono se sia ancora appassionato, se non abbia cambiato interesse....robe così.Ebbene no, non è cambiato nulla, quasi nulla. Preso da fatiche letterarie inesauste che mi hanno portato a stendere due libri in contemporanea, non ho mai smesso davvero di cercare e restaurare bici. Sono cambiati i ritmi, sono cambiati i tempi. Le passioni sono a volte messe alla prova e quando queste vengono abbandonate, di fronte alla prova del fuoco di tempi duri per l' anima o il portafogli, nessuno può biasimare nulla a nessuno. Nel mio caso ho volutamente lasciato raffreddare la fiamma sotto braci innocue, mentite spoglie di un nulla che non c'è. Ben se ne sono accorti i soliti amici quando, ad un recente mercatino, ho adottato senza troppo contrattare questa bestiola arrugginita che ancora mancava alla collezione. Numero bassi, sotto i diecimila, completamente originale in tutta la sua solidità portata con rugginosa dignità.
Analizzandola nella pace della boita domestica, mi sono chiesto se non fosse meglio scambiarla, cederla.Edotto della notizia, mio figlio seienne mi ha redarguito con le peggio parole, adducendo che una Graziella, di quel modello, ancora mancava in collezione. Ecco, pur non pretendendo che i figli seguano per forza le passioni genitoriali, mi son sentito bene e a posto, amando ancora di più questa follia che mi ha portato ad accumulare le tonnellate di ruggine e gomma che sono i miei garage .La pausa letteraria estiva porterà nuovi lavori ciclistici e state ben certi che ne scriverò su, nel bene e nel male. In risposta a chi mi chiede se la passione sia finita, se voglia cedere le mie bici....sia per loro bonaria risposta questo titolo.
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lunedì 27 aprile 2020
Gloria contraria
E sono quasi due mesi che non si esce. Per fortuna, il garage rigurgita di mezzi che, dalla forcella o dal fanale, chiedono un'attenzione che ( adesso lo sanno) arriverà per tutti.
Col tempo scandito dal ritmo dei pasti, della raccolta delle uova, dell'orto da zappare, mi trovo catapultato in una dimensione mai vissuta.
Le ore in officina scorrono lente e sornione.
Pur nel dolore del momento, posso concedere tempo a restauri che in "tempo normale" avrei probabilmente tirato un po' via.
Si pulisce, si lucida, si rimonta. Qualcosa ancora non quadra. Si rismonta , si lucida ancora.
Fa strano pensare che anche in questo periodo di vacche magre ( soprattutto per le povere partite iva di cui faccio parte) ci si possa arricchire così tanto di tempo e di emozione.
Era molto che non entravo in magazzino e mi sedevo su un vecchio scranno ad osservare, ad inalare con voluttà la fragranza di gomma ed olio che si fondono insieme nei primi tepori primaverili.
Fuori la gente muore ma il ciliegio appena fuori manda i primi fiori e farfalle ed uccellini cantano allegri la primavera.
C'è del bello a starsene in casa.
Sul cavalletto osservo la Airolg del 22 che ho appena attaccato.
Rappresenta un po' questo periodaccio: nera, una gloria al rovescio.Un poco acciaccata dai suoi quasi 100 anni, è ancora qui a dire la sua. Ha vissuto il fascismo, i bombardamenti, i nazisti.
Guardandola, sembra dirmi: "Ma fatti furbo!Passerà, vedi di darmi un po' di lustro che ho voglia di correre!"
Ne ho voglia anche io . Ho voglia di prati, di strade dritte , di gente che scampanella allegra.
" Vedi, siamo in due! Sotto, ragazzo, e non perdere tempo.Su, una registrata alle calotte..."
E' pretenziosa, sta bici. Sa quel che vuole, sa che è il momento giusto.
Senza por tempo in mezzo attacco con lo smontaggio .
La bici accetta, gagliarda, le cure che le offro. Qualche scriteriato aveva apposto una vernice verde fluo sui parafanghi. Va a sapere.
"Erano quei ragazzi degli anni 70. Credevano di cambiare il mondo..Giovanotto, non mi sembra cambiato poi molto, questo spocro mondo.Ricordo quel tale che mi pedalava e che è rimasto con me quasi un anno sotterrato in cantina..Aveva paura. Meno di te, ma aveva tanta paura..."
Intanto le ore passano e dalle ruote levo al porporina che qualche padrone premuroso aveva apposto per preservare dalla ruggine. Il ferro esce allegro, lucido. Una tirata ai raggi e via!
Sotto al movimento esce un numero magico, 22. La Airolg mi strizza l'occhio, vecchia entraineuse di mestiere.
"Non li dimostri, vecchia mia" le dico.
Il manubrio, simile per certi versi al Roller Bianchi, ha un 3 inciso. 1922? 1923? Poco conta.Il cartone pressato delle manopole resiste, fiero, dopo quasi 100 anni di prese solide.
E finito un bel lifting, su due gomme che tengono ancora, e via che si pedala.
Per 200 metri? 230?
Poco conta.
Col tempo scandito dal ritmo dei pasti, della raccolta delle uova, dell'orto da zappare, mi trovo catapultato in una dimensione mai vissuta.
Le ore in officina scorrono lente e sornione.
Pur nel dolore del momento, posso concedere tempo a restauri che in "tempo normale" avrei probabilmente tirato un po' via.
Si pulisce, si lucida, si rimonta. Qualcosa ancora non quadra. Si rismonta , si lucida ancora.
Fa strano pensare che anche in questo periodo di vacche magre ( soprattutto per le povere partite iva di cui faccio parte) ci si possa arricchire così tanto di tempo e di emozione.
Era molto che non entravo in magazzino e mi sedevo su un vecchio scranno ad osservare, ad inalare con voluttà la fragranza di gomma ed olio che si fondono insieme nei primi tepori primaverili.
Fuori la gente muore ma il ciliegio appena fuori manda i primi fiori e farfalle ed uccellini cantano allegri la primavera.
C'è del bello a starsene in casa.
Sul cavalletto osservo la Airolg del 22 che ho appena attaccato.
Rappresenta un po' questo periodaccio: nera, una gloria al rovescio.Un poco acciaccata dai suoi quasi 100 anni, è ancora qui a dire la sua. Ha vissuto il fascismo, i bombardamenti, i nazisti.
Guardandola, sembra dirmi: "Ma fatti furbo!Passerà, vedi di darmi un po' di lustro che ho voglia di correre!"
Ne ho voglia anche io . Ho voglia di prati, di strade dritte , di gente che scampanella allegra.
" Vedi, siamo in due! Sotto, ragazzo, e non perdere tempo.Su, una registrata alle calotte..."
E' pretenziosa, sta bici. Sa quel che vuole, sa che è il momento giusto.
Senza por tempo in mezzo attacco con lo smontaggio .
La bici accetta, gagliarda, le cure che le offro. Qualche scriteriato aveva apposto una vernice verde fluo sui parafanghi. Va a sapere.
"Erano quei ragazzi degli anni 70. Credevano di cambiare il mondo..Giovanotto, non mi sembra cambiato poi molto, questo spocro mondo.Ricordo quel tale che mi pedalava e che è rimasto con me quasi un anno sotterrato in cantina..Aveva paura. Meno di te, ma aveva tanta paura..."
Intanto le ore passano e dalle ruote levo al porporina che qualche padrone premuroso aveva apposto per preservare dalla ruggine. Il ferro esce allegro, lucido. Una tirata ai raggi e via!
Sotto al movimento esce un numero magico, 22. La Airolg mi strizza l'occhio, vecchia entraineuse di mestiere.
"Non li dimostri, vecchia mia" le dico.
Il manubrio, simile per certi versi al Roller Bianchi, ha un 3 inciso. 1922? 1923? Poco conta.Il cartone pressato delle manopole resiste, fiero, dopo quasi 100 anni di prese solide.
E finito un bel lifting, su due gomme che tengono ancora, e via che si pedala.
Per 200 metri? 230?
Poco conta.
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venerdì 20 marzo 2020
A porte chiuse.
Di fronte al mio cancello, a volte si fermava gente, attratta dai rumori di motori ormai quasi estinti o dalla presenza di vecchi ruderi arrugginiti. Ora il cancello è chiuso ma il garage , molto in fondo, sempre aperto. Sul bancone unto di grasso, accanto ad un motore Motom ed un manubrio a bacchetta, uno stralcio di giornale riporta notizie poco belle.
Da piccolo, quando passavo davanti certi negozi di artigiani e li sentivo battere su qualcosa, immaginavo il prodotto, l'ingegno, ciò che di buono si sapeva esistesse pur non vedendolo, a porte chiuse.
Oggi che stiamo vivendo giorni e di certo saranno mesi e speriamo non anni di radicale cambiamento storico, siamo tutti messi alla prova dalla necessaria clausura.
Tutti stiamo perdendo qualcosa, qualcuno perde i genitori, qualcuno la vita, qualcuno la fede nell'uomo.
Personalmente, ripenso come ad un sogno le scampagnate in bicicletta, le giornate di fine Marzo dove tutto era già maniche corte e voglia di vivere.
Ecco, tornando al principio, ora più che mai dobbiamo invocare la nostra fantasia, i ricordi belli, quelli che ancora verranno nel reale, che non sono morti ma solo narcotizzati dalla bestialità del periodo.
E se , nonostante le pur certe disgrazie del quotidiano, ci si appellerà ad essi e, perchè no?, magari a qualche oggetto amato, tutto forse scorrerà più lieve.
Reclusi, chè quello ci sentiamo e dobbiamo, non pieghiamoci all'amarezza della perdita ma con tenacia e pervicacia pensiamo a chi affrontò guerra e miseria nera, fame , fucilazioni.
Dedichiamoci a noi, ai nostri cari, agli oggetti che verranno buoni una volta finito il coprifuoco.
Sogniamo.Tra appassionati, ci si emoziona sempre quando si ritrova un vecchio oggetto che , inequivocabilmente, rappresenta un periodo storico preciso. Un faro a carburo, una bicicletta ancora coi dispositivi per l'oscuramento in tempo di guerra, qualsiasi cosa.
Di fronte a quelli più rappresentativi ci permettiamo di sognare, immaginare come e quando a nostro piacimento, guidati da fantasia ed oggetto.
Immaginiamoci di nuovo felici e liberi, chè di certo lo saremo presto, se tutti avranno fortezza e disciplina, una volta tanto non per ordini dal balcone ma per buon senso e buona creanza.
Io, continuerò certi restauri tirati via per mancanza di tempo ( ah, il tempo , ora che c'è non è più libero..) , immaginando quella bacchettata che avrei voluto organizzare e che ci sarà, tuttavia, nella mia mente.
La crisi, quella intima e mistica che tocca tutti noi, non vien mai per nuocere. In questi momenti ci si raccoglie nel profondo e , per un solo istante forse, si colgono verità e illuminazioni che le spesso abusate giornate di lavoro rubano al nostro animo.
Mi piace di più pensare a questo momento come ad una possibilità, uno stacco pur violento, che scuoterà le nostre vite, le nostre anime, i nostri sogni.
Ci unirà di più ( curioso sognare di passeggiare per le vie del centro e salutare tutti senza timori), tirerà fuori il meglio ed il bello troppo spesso dato per scontato.
Riflettiamoci , adesso che le bocce sono ferme e tutti dobbiamo fare i conti con noi stessi, nelle nostre piccole tane.Guardiamo al bello che è in noi, teniamolo prezioso, innaffiamolo ogni giorno.
Verrà buono alla Liberazione che, sia prima o dopo il 25 Aprile, di certo avverrà e sarà radiosa.
Ma questa e molte altre cose, mi raccomando , a porte ben chiuse.
Da piccolo, quando passavo davanti certi negozi di artigiani e li sentivo battere su qualcosa, immaginavo il prodotto, l'ingegno, ciò che di buono si sapeva esistesse pur non vedendolo, a porte chiuse.
Oggi che stiamo vivendo giorni e di certo saranno mesi e speriamo non anni di radicale cambiamento storico, siamo tutti messi alla prova dalla necessaria clausura.
Tutti stiamo perdendo qualcosa, qualcuno perde i genitori, qualcuno la vita, qualcuno la fede nell'uomo.
Personalmente, ripenso come ad un sogno le scampagnate in bicicletta, le giornate di fine Marzo dove tutto era già maniche corte e voglia di vivere.
Ecco, tornando al principio, ora più che mai dobbiamo invocare la nostra fantasia, i ricordi belli, quelli che ancora verranno nel reale, che non sono morti ma solo narcotizzati dalla bestialità del periodo.
E se , nonostante le pur certe disgrazie del quotidiano, ci si appellerà ad essi e, perchè no?, magari a qualche oggetto amato, tutto forse scorrerà più lieve.
Reclusi, chè quello ci sentiamo e dobbiamo, non pieghiamoci all'amarezza della perdita ma con tenacia e pervicacia pensiamo a chi affrontò guerra e miseria nera, fame , fucilazioni.
Dedichiamoci a noi, ai nostri cari, agli oggetti che verranno buoni una volta finito il coprifuoco.
Sogniamo.Tra appassionati, ci si emoziona sempre quando si ritrova un vecchio oggetto che , inequivocabilmente, rappresenta un periodo storico preciso. Un faro a carburo, una bicicletta ancora coi dispositivi per l'oscuramento in tempo di guerra, qualsiasi cosa.
Di fronte a quelli più rappresentativi ci permettiamo di sognare, immaginare come e quando a nostro piacimento, guidati da fantasia ed oggetto.
Immaginiamoci di nuovo felici e liberi, chè di certo lo saremo presto, se tutti avranno fortezza e disciplina, una volta tanto non per ordini dal balcone ma per buon senso e buona creanza.
Io, continuerò certi restauri tirati via per mancanza di tempo ( ah, il tempo , ora che c'è non è più libero..) , immaginando quella bacchettata che avrei voluto organizzare e che ci sarà, tuttavia, nella mia mente.
La crisi, quella intima e mistica che tocca tutti noi, non vien mai per nuocere. In questi momenti ci si raccoglie nel profondo e , per un solo istante forse, si colgono verità e illuminazioni che le spesso abusate giornate di lavoro rubano al nostro animo.
Mi piace di più pensare a questo momento come ad una possibilità, uno stacco pur violento, che scuoterà le nostre vite, le nostre anime, i nostri sogni.
Ci unirà di più ( curioso sognare di passeggiare per le vie del centro e salutare tutti senza timori), tirerà fuori il meglio ed il bello troppo spesso dato per scontato.
Riflettiamoci , adesso che le bocce sono ferme e tutti dobbiamo fare i conti con noi stessi, nelle nostre piccole tane.Guardiamo al bello che è in noi, teniamolo prezioso, innaffiamolo ogni giorno.
Verrà buono alla Liberazione che, sia prima o dopo il 25 Aprile, di certo avverrà e sarà radiosa.
Ma questa e molte altre cose, mi raccomando , a porte ben chiuse.
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domenica 25 marzo 2018
Bacchettata di primavera, 6 maggio 2018
Bici d'epoca.
Bici meno d'epoca.
Cibo genuino.
Sana compagnia.
Una bella campagna.
Un assaggio letterario del mio libro " Casa Del diavolo".
Risate.
Sudate.
Magari qualche contrattazione di pezzi di ricambio.
Questo e molto altro vi aspetta alla dodicesima edizione della Bacchettata di Primavera.
Portate bici, portate cibo, portate voi.
Vi aspetto.
Bacchettata di Primavera, Bra, 6 Maggio 2018
-per chi non lo sapesse la Bacchettata di Primavera è il primo raduno per bici d'epoca da passeggio, quello storico.Come tradizione, giro su strade di campagna in pianura ( massimo 6/ 7 km), una lettura a metà percorso con merenda , pranzo tutti assieme.
Una faccenda divertente.
Bici meno d'epoca.
Cibo genuino.
Sana compagnia.
Una bella campagna.
Un assaggio letterario del mio libro " Casa Del diavolo".
Risate.
Sudate.
Magari qualche contrattazione di pezzi di ricambio.
Questo e molto altro vi aspetta alla dodicesima edizione della Bacchettata di Primavera.
Portate bici, portate cibo, portate voi.
Vi aspetto.
Bacchettata di Primavera, Bra, 6 Maggio 2018
-per chi non lo sapesse la Bacchettata di Primavera è il primo raduno per bici d'epoca da passeggio, quello storico.Come tradizione, giro su strade di campagna in pianura ( massimo 6/ 7 km), una lettura a metà percorso con merenda , pranzo tutti assieme.
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mercoledì 18 ottobre 2017
Bacchettata di Autunno, Bra Sabato 28 Ottobre
Poco da dire, molto da pedalare.
Da quattro chiacchiere ..... di quattro amici è nata l'idea di una pedalata tra le tinte vive e rosseggianti della campagna braidese.
Dopo qualche anno, si ripercorrerà il classicissimo percorso della prima vera bacchettata, nel pianoro delle graziose stradine campestri braidesi.
Rustiche abitudini come sempre: chi vuol venire ..mi scriva alla mail a.galeasso@libero.it e ....porti del cibo da condividere per il pranzo in terrazza !
Al pomeriggio, se vorremo..una bella gita alla mia collezione langarola.
Non vi aspetto numerosi perché il preavviso è poco....ma vi aspetto comunque!
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mercoledì 4 ottobre 2017
Gloria B 1936, una questione privata.
Il mondo di oggi non consente più molto tempo per riflettere, pensare, tornare a noi.
Velocità, sfide costanti che però nessuno sa contro chi o che cosa, portano l'uomo a perdere quasi tutto il suo tempo in frivolezze nel nome del consumismo e del dio danaro.
Ci siamo dentro tutti, poco da fare.
Capitano, però, occasioni nelle quali la mente si stacca dal piano dell'ordinario e che danno la concreta possibilità di confrontarsi con momenti autentici, persone autentiche ed oggetti parimenti.
Me ne tornavo dal lavoro con tutti questi pensieri e molto altro quando, su un rettifilo da centotrentaorari in barba all'autovelocs che fa tanto anni 2000, mi sono trovato ad inchiodare di colpo.
Per fortuna nessuno era dietro!
In un momento la mia mente ha ricevuto una scarica di sana adrenalina e un piacere enorme ha pervaso le membra ottuse e vessate dalla giornata lavorativa.
Una sparata di venti bici -dico venti bici!- faceva capolino davanti alla casa di un rigattiere.
In un solo momento è stata tabula rasa dei cattivi pensieri e sono tornato con lo spirito ai miei... tre anni, quando con la buonanima di mia nonna si andava al mercato del venerdì e si incontravano fior di contadini in sella od a fianco delle loro rugginose bacchette con gemma e fanale a cipolla.
Vederla, sognare e possederla, è stata un'unica cosa.
Il rigattiere, che forse condensa tutti questi pensieri in qualche subdola battuta alla moglie alla sera, quando racconta di aver abbindolato il solito pollo, era ancora più soddisfatto di me.
In mezzo a tante belle bici anni 60 e 70 gli avevo "tolto" la più brutta e rugginosa.
Pointofviù!
Per tutta la sera ho ripercorso quelle stradette della mia Bra di oltre trenta anni fa, ho passeggiato con la nonna e , cosa ancora migliore, sono stato felice.
ho accarezzato quella polvere, quella ruggine, quel tempo condensato e ormai rapito.
Gli oggetti non devono commuovere, lo ripeto da anni: non ci si deve affezionare e li si deve usare per ciò che rappresentano.
Benissimo.
Allora non dirò che amo questa Gloria alla follia, che non la venderò mai, che mi fa stare bene guardarla e sognare un poco, alla sera in garage.
No , mi limiterò ad una sola scheda tecnica e scusate tanto i pensieri di cui sopra.
Cose molto mie,una questione privata.
Ritrovamento di Gloria Mod.B anno 1936, conservata e debitamente arrugginita.
Fanale Radsonne a cipolla, mozzi grandi con ingrassatore, freno interno anteriore e forcellini tipo corsa.
Robba bona .
Velocità, sfide costanti che però nessuno sa contro chi o che cosa, portano l'uomo a perdere quasi tutto il suo tempo in frivolezze nel nome del consumismo e del dio danaro.
Ci siamo dentro tutti, poco da fare.
Capitano, però, occasioni nelle quali la mente si stacca dal piano dell'ordinario e che danno la concreta possibilità di confrontarsi con momenti autentici, persone autentiche ed oggetti parimenti.
Me ne tornavo dal lavoro con tutti questi pensieri e molto altro quando, su un rettifilo da centotrentaorari in barba all'autovelocs che fa tanto anni 2000, mi sono trovato ad inchiodare di colpo.
Per fortuna nessuno era dietro!
In un momento la mia mente ha ricevuto una scarica di sana adrenalina e un piacere enorme ha pervaso le membra ottuse e vessate dalla giornata lavorativa.
Una sparata di venti bici -dico venti bici!- faceva capolino davanti alla casa di un rigattiere.
In un solo momento è stata tabula rasa dei cattivi pensieri e sono tornato con lo spirito ai miei... tre anni, quando con la buonanima di mia nonna si andava al mercato del venerdì e si incontravano fior di contadini in sella od a fianco delle loro rugginose bacchette con gemma e fanale a cipolla.
Vederla, sognare e possederla, è stata un'unica cosa.
Il rigattiere, che forse condensa tutti questi pensieri in qualche subdola battuta alla moglie alla sera, quando racconta di aver abbindolato il solito pollo, era ancora più soddisfatto di me.
In mezzo a tante belle bici anni 60 e 70 gli avevo "tolto" la più brutta e rugginosa.
Pointofviù!
Per tutta la sera ho ripercorso quelle stradette della mia Bra di oltre trenta anni fa, ho passeggiato con la nonna e , cosa ancora migliore, sono stato felice.
ho accarezzato quella polvere, quella ruggine, quel tempo condensato e ormai rapito.
Gli oggetti non devono commuovere, lo ripeto da anni: non ci si deve affezionare e li si deve usare per ciò che rappresentano.
Benissimo.
Allora non dirò che amo questa Gloria alla follia, che non la venderò mai, che mi fa stare bene guardarla e sognare un poco, alla sera in garage.
No , mi limiterò ad una sola scheda tecnica e scusate tanto i pensieri di cui sopra.
Cose molto mie,una questione privata.
Ritrovamento di Gloria Mod.B anno 1936, conservata e debitamente arrugginita.
Fanale Radsonne a cipolla, mozzi grandi con ingrassatore, freno interno anteriore e forcellini tipo corsa.
Robba bona .
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martedì 11 aprile 2017
11esima edizione della Bacchettata di Primavera ( quella autentica)
Il 7 Maggio torna a Bra l'undicesima edizione di quello che è stato il primo raduno italiano e forse mondiale dedicato alle bici a bacchetta: La Bacchettata.
Ripeto il nome perché, di recente, ho visto che qualcuno si è impossessato di tale nome ( da me inventato e sfido tutti a dimostrare il contrario) per organizzare una manifestazione similare ( utilizzando addirittura le foto di una vera bacchettata organizzata a Bra).
Per carità, nessun nome registrato e quindi ognuno fa quel che vuole: di certo, come nel film di Luchino Visconti, a rubare e copiare ci si rimette sempre o quantomeno si arriva secondi.
Pensiamo invece a fare rullare le nostre amate bacchette su nuove strade braidesi per un giro inedito che porterà dalle colline del Fey sino alla valle degli orti ( non quella Findus) sino al borgo romano-medioevale di Pollenzo.
Da qui si farà ritorno alla mia nuova magione dove ognuno potrà condividere un cibo della propria terra ( anche questa tradizione della bacchettata sin dal 2007).
Il ritrovo è fissato a Bra in Piazza Spreintebach alle ore 9, 7 Maggio.
Vi attendo numerosi a questa autentica Bacchettata di primavera ( l'unica, quella reale).
Ripeto il nome perché, di recente, ho visto che qualcuno si è impossessato di tale nome ( da me inventato e sfido tutti a dimostrare il contrario) per organizzare una manifestazione similare ( utilizzando addirittura le foto di una vera bacchettata organizzata a Bra).
Per carità, nessun nome registrato e quindi ognuno fa quel che vuole: di certo, come nel film di Luchino Visconti, a rubare e copiare ci si rimette sempre o quantomeno si arriva secondi.
Pensiamo invece a fare rullare le nostre amate bacchette su nuove strade braidesi per un giro inedito che porterà dalle colline del Fey sino alla valle degli orti ( non quella Findus) sino al borgo romano-medioevale di Pollenzo.
Da qui si farà ritorno alla mia nuova magione dove ognuno potrà condividere un cibo della propria terra ( anche questa tradizione della bacchettata sin dal 2007).
Il ritrovo è fissato a Bra in Piazza Spreintebach alle ore 9, 7 Maggio.
Vi attendo numerosi a questa autentica Bacchettata di primavera ( l'unica, quella reale).
mercoledì 29 giugno 2016
Agli albori: Pietro Mo, Bra 1925
Come ricordavo ieri a un caro amico di bici, la collezione perché sia bella, non deve essere fatta di bici di pregio e di gran lusso.
Deve avere un senso.
Il senso filologico si costruisce negli anni e affinando ciò che le sensazioni ed i desideri suggeriscono, donando forma e sostanza all'accumulo di ruggine e copertoni.
Una delle mie prerogative personalissime è sempre stata quella di ricostruire la storia del ciclismo braidese.
Quando ritrovai questa ex corsa abbandonata da tutti sin da prima della guerra in un rudere in collina, poco mi disse se non la somiglianza del telaio con quella di una Bianchi M del periodo.
Bei freni fascettati, mozzo giroruota, freni all'insù come si costumava negli anni 30.
Il campanello però mi esaltò: Cicli Pietro Mo, Bra.
Avevo scoperto un altro ciclista di Bra!
L'emozione era alle stelle.
Solita ricerca e domande tra gli anziani braidesi, finchè un caro amico di 99 anni, arzillissimo, si ricorda che " quando ero giovane c'era, non ricordo dove.Chiuse che io avevo 16-17 anni...altro non so.."
Insomma, questa fu l'opera di un ciclista che non opera più da almeno 80 anni!
Ultimo bollo pagato: 1938!
Il telaio vide giorni migliori e fu risaldato dopo una bella botta: in effetti ho delle bici che scorrono più diritte ma tanto è...
Sotto la coltre di sporco , morchia e grasso scorgo ancora un bel celestino: davvero difficile sarà stato ai tempi distinguere questo telaio da una ben più cara Bianchi M...
i parafanghi, pur essendo assieme da molti anni, non sono identici: stretto, da corsa quello posteriore, un goccio più largo quello anteriore, ma entrambi con la loro stinta vernicetta azzurrina sottostante...
Probabilmente questo Mo era un assemblatore ciclista che operò pochi anni, e che vendeva alla giornata bici di varia foggia.
Mozzi ANTAR posteriore giroruota!
Oltre al campanello, Mo firmò il portafanale: a distanza di così tanti anni, sarà orgoglioso vedere quella iniziale ancora svettante e imperiosa fendere l'aria di Bra alla corsa della sua creatura.
Aria, duole dirlo, ben più inquinata e schifosa di quella dei bei tempi andati della Bra Regina di cuoi...
Deve avere un senso.
Il senso filologico si costruisce negli anni e affinando ciò che le sensazioni ed i desideri suggeriscono, donando forma e sostanza all'accumulo di ruggine e copertoni.
Una delle mie prerogative personalissime è sempre stata quella di ricostruire la storia del ciclismo braidese.
Quando ritrovai questa ex corsa abbandonata da tutti sin da prima della guerra in un rudere in collina, poco mi disse se non la somiglianza del telaio con quella di una Bianchi M del periodo.
Bei freni fascettati, mozzo giroruota, freni all'insù come si costumava negli anni 30.
Il campanello però mi esaltò: Cicli Pietro Mo, Bra.
Avevo scoperto un altro ciclista di Bra!
L'emozione era alle stelle.
Solita ricerca e domande tra gli anziani braidesi, finchè un caro amico di 99 anni, arzillissimo, si ricorda che " quando ero giovane c'era, non ricordo dove.Chiuse che io avevo 16-17 anni...altro non so.."
Insomma, questa fu l'opera di un ciclista che non opera più da almeno 80 anni!
Ultimo bollo pagato: 1938!
Il telaio vide giorni migliori e fu risaldato dopo una bella botta: in effetti ho delle bici che scorrono più diritte ma tanto è...
Sotto la coltre di sporco , morchia e grasso scorgo ancora un bel celestino: davvero difficile sarà stato ai tempi distinguere questo telaio da una ben più cara Bianchi M...
i parafanghi, pur essendo assieme da molti anni, non sono identici: stretto, da corsa quello posteriore, un goccio più largo quello anteriore, ma entrambi con la loro stinta vernicetta azzurrina sottostante...
Probabilmente questo Mo era un assemblatore ciclista che operò pochi anni, e che vendeva alla giornata bici di varia foggia.
Mozzi ANTAR posteriore giroruota!
Oltre al campanello, Mo firmò il portafanale: a distanza di così tanti anni, sarà orgoglioso vedere quella iniziale ancora svettante e imperiosa fendere l'aria di Bra alla corsa della sua creatura.
Aria, duole dirlo, ben più inquinata e schifosa di quella dei bei tempi andati della Bra Regina di cuoi...
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mercoledì 18 maggio 2016
Maino sport 1944: abbassati e pedala!
Quando ritrovai su un fienile questa bici, non aveva molto di bello da mostrare, se non un inusuale telaio a canna parallela molto leggero.
Nessun doppio diapason al posteriore ma esili e sottili tubi diritti stile bici da corsa.
Allora non sapevo datare bene le mie bici, e l'avevo scambiata per una Maino degli anni 50 60.
Il proprietario assieme alla bici mi disse che la bici, comperata dalla madre in tempo di guerra, era diversa: col tempo aveva subito l'asportazione di " un manubrio basso, con le leve strane, scomodo da matti..." e delle ruote " erano sportive, in alluminio dietro aveva la corona doppia....".
Basta.
Non do molto peso a queste parole e do una pulita sommaria alla bici, relegandola in un angolo del soppalco.
Col tempo arrivano un paio di cerchi Vianzone in alluminio raggiati su mozzi SIAMT giroruota in ferro.
E un manubrio a bacchetta molto sportivo, cadmiato,come quelli montati sulle Amerio del dopoguerra.
Spolverata la bici, scopro il numero di serie 144803, che corrisponde benissimo a un 1944.
Insomma, dopo due sere quasi insonni, la bella Maino torna a ruggire!
E scopro particolari non da poco: pedivelle super alleggerite come sulle corsaiole, con pedali a centro intero a perno forato.
Il perno del movimento centrale, montato su ghiere Magistroni, è anche esso forato: tutto deve essere leggerissimo!
Carter Pratic in alluminio!
Alle ruote non dadi, ma pratici galletti in ottone!
Guidare questa Maino è un'esperienza unica: bassa, slanciata, leggera, divora la strada e ad ogni metro sembra ripeterti una sola cosa: abbassati e.....Pedala!
Nessun doppio diapason al posteriore ma esili e sottili tubi diritti stile bici da corsa.
Allora non sapevo datare bene le mie bici, e l'avevo scambiata per una Maino degli anni 50 60.
Il proprietario assieme alla bici mi disse che la bici, comperata dalla madre in tempo di guerra, era diversa: col tempo aveva subito l'asportazione di " un manubrio basso, con le leve strane, scomodo da matti..." e delle ruote " erano sportive, in alluminio dietro aveva la corona doppia....".
Basta.
Non do molto peso a queste parole e do una pulita sommaria alla bici, relegandola in un angolo del soppalco.
Col tempo arrivano un paio di cerchi Vianzone in alluminio raggiati su mozzi SIAMT giroruota in ferro.
E un manubrio a bacchetta molto sportivo, cadmiato,come quelli montati sulle Amerio del dopoguerra.
Spolverata la bici, scopro il numero di serie 144803, che corrisponde benissimo a un 1944.
Insomma, dopo due sere quasi insonni, la bella Maino torna a ruggire!
E scopro particolari non da poco: pedivelle super alleggerite come sulle corsaiole, con pedali a centro intero a perno forato.
Il perno del movimento centrale, montato su ghiere Magistroni, è anche esso forato: tutto deve essere leggerissimo!
Carter Pratic in alluminio!
Alle ruote non dadi, ma pratici galletti in ottone!
Guidare questa Maino è un'esperienza unica: bassa, slanciata, leggera, divora la strada e ad ogni metro sembra ripeterti una sola cosa: abbassati e.....Pedala!
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sabato 5 dicembre 2015
Pedalare e sudare, Wolsit corsa 1923
"Aspetta chi è aspettato
che sia compiuta l'attesa di chi attende
un suono strutturato
in modo di poter reggere
per molto tempo
ancora..
"CSI, Alba Blu"
"Una bici vecchia, di quelle da corsa, dell'epoca di Coppi..."
Questa era la frase che accompagnava l'offerta di visionare una vecchia bici in un casolare tra i monti.
Quando ti dicono la bici di Coppi, è quasi sempre una Sprint del '73.
Sgonfia e rugginosa.
Quando ti dicono la bici di Bartali, quasi sempre un condorino.
Sgonfio e col telaio rotto.
Stavolta no.
Voglio crederci.
E mi inerpico per la stradaccia tra il bosco di querce e castagni, in una terra dalla lingua delle mie origini più antiche.
Il dialetto è strettissimo, rade parole scandite da sguardi lontani mille miglia verso l'infinito o solamente dirette ad un sasso che ci incespicherà il cammino.
Dell'antico seccatoio poco resta, se non un cumulo di sassi sparsi e un tetto che la prossima neve decimerà a rudere.
"Ma è poi sicuro?"
" Ci sono nato qui dentro, se non ti fidi la butto giù io..."
"Per carità..."
La volta sta per crollare.
Dovunque paglia e sterpaglie.
Da una scala in legno che regge a malapena i miei ossuti cinquantacinque chili mi inerpico al piano alto e in fondo, la vedo.
Questi sono i momenti che non ti scordi!
Il manubrio in ferro , ussaro e fedele, mi saluta dal fioco della finestretta che le ha dato aria polvere e ruggine per tanti anni.
Le gomme si sono essiccate del tutto, si sgretolano al solo sguardo.
Sotto la morchia un nero inusuale chiede attenzioni che sa già dovute: l'attesa è compiuta!
Insomma, con cura e devozione la sposto al piano basso.
" Ma tze mat? Campla Zù!"
-TRADUZIONE: Ma sei matto?Buttala giù-
L'arzillo vecchiardo guarda con sommo disprezzo quel cumulo di nobilissima ferraglia che scopro essere stata del suo prozio (!) e mai più usata dagli anni '50 in poi.
Non immagina la gioia che mi dona il tatto di quella polvere, di quella ruggine, di quelle forme così sinuose.
Come un Barolo che chiede meditazione e riposo, ho deciso sino ad ora di non pubblicarla, di goderla tutta per me come un 'idea bellissima o un ricordo lontano, aspettando un'ispirazione che ha tardato...4 anni a venire!
Non sapevo nemmeno se ripulirla, come altre sorelle.
Ma avendola lucidata qui e là per verificare lo stato dell'arte, ho deciso per il solito restauro conservativo , desiderando fortemente di riportarla in istrada.
La striscia rossa delle gomme in para ha lasciato il posto sui cerchi strettissimi da 28 mm a due copertoni NOS da 1/4, affidabili e stridenti col nero del telaio.
Telaio che, giova ricordarlo, fu sicuramente rinnovato da qualche ciclista benvolenteroso negli anni 40 con tanto di filettature dorate.
Il verde originario è rimasto solamente..su un galletto della ruota anteriore , a perenne memoria del tempo corsaiolo che fu.
Per una volta nessun manubriaccio, ,ma la sua piega originaria larga ed imponente.
Ho lasciato volutamente alto l'attacco, come l'ho ritrovata.
Il prozio doveva essere alto di gamba !
I freni sono fascettati, l'anteriore un poco più recente e sicuramente sostituito in corso d'opera negli anni di intenso uso.
Il posteriore è originale!
Mozzi 32 40 raggi originali Wolsit , il posteriore Giroruota, con corona Wola e pignone fisso.
La guarnitura è composta da calotte Wolsit datate 1923 e da una bellissima coppia di pedivelle da corsa Wola , con un attacco della corona direttamente fissato sulla pedivella ci ricorda le finezze costruttive votate a robustezza e durata.
La sella , Una Italia in pelle, l'ho dovuta aggiungere io in quanto della vecchia Brooks restava solo il telaio e pochi monconi di cuoio ( i ghiri in montagna divorano tutto!)
Nessun parafango, nessun carter!
Rivedendola al chiaro, in una luce invernale che si sa far desiderare , la ammiro compiaciuto ed estasiato.
Come una bella donna, di quelle che devi avere per forza, essa m'attrae a viva voce e d'un lampo la cavalco, verso una salita che non supererò.
Lei, di certo, lo sa, ma dal largo del suo manubrio mi invita a fare le uniche cose possibili su una Wolsit da corsa: pedalare e sudare!
che sia compiuta l'attesa di chi attende
un suono strutturato
in modo di poter reggere
per molto tempo
ancora..
"CSI, Alba Blu"
"Una bici vecchia, di quelle da corsa, dell'epoca di Coppi..."
Questa era la frase che accompagnava l'offerta di visionare una vecchia bici in un casolare tra i monti.
Quando ti dicono la bici di Coppi, è quasi sempre una Sprint del '73.
Sgonfia e rugginosa.
Quando ti dicono la bici di Bartali, quasi sempre un condorino.
Sgonfio e col telaio rotto.
Stavolta no.
Voglio crederci.
E mi inerpico per la stradaccia tra il bosco di querce e castagni, in una terra dalla lingua delle mie origini più antiche.
Il dialetto è strettissimo, rade parole scandite da sguardi lontani mille miglia verso l'infinito o solamente dirette ad un sasso che ci incespicherà il cammino.
Dell'antico seccatoio poco resta, se non un cumulo di sassi sparsi e un tetto che la prossima neve decimerà a rudere.
"Ma è poi sicuro?"
" Ci sono nato qui dentro, se non ti fidi la butto giù io..."
"Per carità..."
La volta sta per crollare.
Dovunque paglia e sterpaglie.
Da una scala in legno che regge a malapena i miei ossuti cinquantacinque chili mi inerpico al piano alto e in fondo, la vedo.
Questi sono i momenti che non ti scordi!
Il manubrio in ferro , ussaro e fedele, mi saluta dal fioco della finestretta che le ha dato aria polvere e ruggine per tanti anni.
Le gomme si sono essiccate del tutto, si sgretolano al solo sguardo.
Sotto la morchia un nero inusuale chiede attenzioni che sa già dovute: l'attesa è compiuta!
Insomma, con cura e devozione la sposto al piano basso.
" Ma tze mat? Campla Zù!"
-TRADUZIONE: Ma sei matto?Buttala giù-
L'arzillo vecchiardo guarda con sommo disprezzo quel cumulo di nobilissima ferraglia che scopro essere stata del suo prozio (!) e mai più usata dagli anni '50 in poi.
Non immagina la gioia che mi dona il tatto di quella polvere, di quella ruggine, di quelle forme così sinuose.
Come un Barolo che chiede meditazione e riposo, ho deciso sino ad ora di non pubblicarla, di goderla tutta per me come un 'idea bellissima o un ricordo lontano, aspettando un'ispirazione che ha tardato...4 anni a venire!
Non sapevo nemmeno se ripulirla, come altre sorelle.
Ma avendola lucidata qui e là per verificare lo stato dell'arte, ho deciso per il solito restauro conservativo , desiderando fortemente di riportarla in istrada.
La striscia rossa delle gomme in para ha lasciato il posto sui cerchi strettissimi da 28 mm a due copertoni NOS da 1/4, affidabili e stridenti col nero del telaio.
Telaio che, giova ricordarlo, fu sicuramente rinnovato da qualche ciclista benvolenteroso negli anni 40 con tanto di filettature dorate.
Il verde originario è rimasto solamente..su un galletto della ruota anteriore , a perenne memoria del tempo corsaiolo che fu.
Per una volta nessun manubriaccio, ,ma la sua piega originaria larga ed imponente.
Ho lasciato volutamente alto l'attacco, come l'ho ritrovata.
Il prozio doveva essere alto di gamba !
I freni sono fascettati, l'anteriore un poco più recente e sicuramente sostituito in corso d'opera negli anni di intenso uso.
Il posteriore è originale!
Mozzi 32 40 raggi originali Wolsit , il posteriore Giroruota, con corona Wola e pignone fisso.
La guarnitura è composta da calotte Wolsit datate 1923 e da una bellissima coppia di pedivelle da corsa Wola , con un attacco della corona direttamente fissato sulla pedivella ci ricorda le finezze costruttive votate a robustezza e durata.
La sella , Una Italia in pelle, l'ho dovuta aggiungere io in quanto della vecchia Brooks restava solo il telaio e pochi monconi di cuoio ( i ghiri in montagna divorano tutto!)
Nessun parafango, nessun carter!
Rivedendola al chiaro, in una luce invernale che si sa far desiderare , la ammiro compiaciuto ed estasiato.
Come una bella donna, di quelle che devi avere per forza, essa m'attrae a viva voce e d'un lampo la cavalco, verso una salita che non supererò.
Lei, di certo, lo sa, ma dal largo del suo manubrio mi invita a fare le uniche cose possibili su una Wolsit da corsa: pedalare e sudare!
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mercoledì 25 novembre 2015
Sensuale ed armoniosa: ORIX Prina La Savoiarda 1940.
Sfogliando il bel catalogo del 1939, in ultima pagina si possono apprezzare le carrellate di commenti che giornali sportivi o grandi cronisti hanno postato sulla marca Prina.
Lodando sempre il geniale e tenace Antonio che col fratello segue le sorti dell'azienda, si possono leggere positivi commenti sull'ultima geniale creazione del tecnico astigiano, la Orix Prina, la Savoiarda.
"Finalmente una bici che farà fare un figurone a me o alla mia bella"
Insomma una bici unisex antesignana.
Inforcandola, in effetti, si ha poco l'impressione di cavalcare una bici da donna, e poco ci manca perché la canna , abbassata di poco, si trasformi idealmente in una bici mascolina.
Il tempo ha inferto i suoi segni sulle canne ultraleggere di questa bellissima macchina, ma ancora si può ammirare l'elegante intreccio di tubi Columbus cromati.
( la Prina si riforniva di questi pregiati tubi per le sole Savoiarda e le bici da corsa, ciò che le rende preziose e leggerissime).
L'intreccio di tubi al retrotreno personalmente mi trova entusiasta e mai mi stanco di osservarlo: personale, elegante, vistoso, differente da quello della maggior parte delle bici Rondinella del periodo.
Molti i particolari in duralluminio, a partire dal bel manubrio a leve rovesciate Ambrosio , i pedali e gli elegantissimi parafanghi con ventaglini finali di grande efficacia.
Una parte gustosa di questo mezzo sono i freni, a tamburo laterale tipo motociclistico, che sicuramente nel 1939 erano quanto di più avveniristico potesse esserci!
La frenata è morbida, sicura e ben modulabile.
Stupisce la presenza di cerchioni in ferro, ma pur esendo tentato di sostituirli con altri in duralluminio come da catalogo, me ne sono ben guardato, giudicando questi quasi sicuramente quelli di primo equipaggiamento.
Anche il cambio, un simplex 3v con leva primo tipo in ottone, era un non plus ultra per il tempo, quando i corridori viaggiavano ancora con lo scomodo Vittoria: pratico e preciso, dona una nota di sportività in più al mezzo.
Infine una nota sulla fanaleria, composta da fanale Radsonne con occhi laterali e dinamo Lux : perfettamente funzionanti, illuminano il buio con discrezione e carattere, esattamente le stesse caratteristiche decise da Antonio Prina per questa bicicletta , immutate ancor oggi.
E se alla discrezione si vorrà contrapporre il bel fascino delle donnine che Antonio amava molto mettere sui depliants ( e non solo qui, ma il pudore blocchi la mia voce e la mia mano...), ecco venirci in soccorso il supporto della gemma posteriore ( fortunatamente ritrovato e salvato, risaldato a stagno su un supporto ad hoc): una sirena armoniosa, eterea, sensuale, degnissima compare e mascotte di questa amazzonica cavalcatura.
Lodando sempre il geniale e tenace Antonio che col fratello segue le sorti dell'azienda, si possono leggere positivi commenti sull'ultima geniale creazione del tecnico astigiano, la Orix Prina, la Savoiarda.
"Finalmente una bici che farà fare un figurone a me o alla mia bella"
Insomma una bici unisex antesignana.
Inforcandola, in effetti, si ha poco l'impressione di cavalcare una bici da donna, e poco ci manca perché la canna , abbassata di poco, si trasformi idealmente in una bici mascolina.
Il tempo ha inferto i suoi segni sulle canne ultraleggere di questa bellissima macchina, ma ancora si può ammirare l'elegante intreccio di tubi Columbus cromati.
( la Prina si riforniva di questi pregiati tubi per le sole Savoiarda e le bici da corsa, ciò che le rende preziose e leggerissime).
L'intreccio di tubi al retrotreno personalmente mi trova entusiasta e mai mi stanco di osservarlo: personale, elegante, vistoso, differente da quello della maggior parte delle bici Rondinella del periodo.
Molti i particolari in duralluminio, a partire dal bel manubrio a leve rovesciate Ambrosio , i pedali e gli elegantissimi parafanghi con ventaglini finali di grande efficacia.
Una parte gustosa di questo mezzo sono i freni, a tamburo laterale tipo motociclistico, che sicuramente nel 1939 erano quanto di più avveniristico potesse esserci!
La frenata è morbida, sicura e ben modulabile.
Stupisce la presenza di cerchioni in ferro, ma pur esendo tentato di sostituirli con altri in duralluminio come da catalogo, me ne sono ben guardato, giudicando questi quasi sicuramente quelli di primo equipaggiamento.
Anche il cambio, un simplex 3v con leva primo tipo in ottone, era un non plus ultra per il tempo, quando i corridori viaggiavano ancora con lo scomodo Vittoria: pratico e preciso, dona una nota di sportività in più al mezzo.
Infine una nota sulla fanaleria, composta da fanale Radsonne con occhi laterali e dinamo Lux : perfettamente funzionanti, illuminano il buio con discrezione e carattere, esattamente le stesse caratteristiche decise da Antonio Prina per questa bicicletta , immutate ancor oggi.
E se alla discrezione si vorrà contrapporre il bel fascino delle donnine che Antonio amava molto mettere sui depliants ( e non solo qui, ma il pudore blocchi la mia voce e la mia mano...), ecco venirci in soccorso il supporto della gemma posteriore ( fortunatamente ritrovato e salvato, risaldato a stagno su un supporto ad hoc): una sirena armoniosa, eterea, sensuale, degnissima compare e mascotte di questa amazzonica cavalcatura.
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