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lunedì 23 dicembre 2013

Bianchi Rondine 1936..e la storia di Elvira!


 
Quando  qualcuno mi propone una vecchia bici, io come quasi tutti gli amici collezionisti, domando con una certa ansia , prima ancora della Marca, se è da uomo o da donna.

Se la risposta è uomo, con la “canna”come si dice dalle mie parti, la cosa si fa interessante.

Ma se la risposta è l’altra, gli entusiasmi scemano.

Chissà perché.

In fondo la bici da donna è bella  e caratteristica come, se non  più ancora, di quella maschile.

Basta guardare le foto di una volta, e si vedrà quante ne circolavano.

Non voglio credere sia solo una questione di Mercato, essendo risaputo che una bici da donna vale economicamente sempre meno della metà della corrispettiva da uomo.

Forse è un motivo d’uso: essendo noi maschietti il novantanove per cento degli appassionati di ruggine, poco c’aggrada esporci al pubblico ludibrio su telaio aperto e paragonna.

(Per inciso la bici che uso di più da sempre è una Dei Imperiale del 1962 da donna, cerchio 28, bici magnifica e scorrevole come nessuna ).

Io, personalmente, le amo tutte, uomo o donna.

In particolare mi affascinano le bici “da prete”, quelle da donna con cerchio da 28 pollici, che trovo non abbiano nulla da invidiare alle cugine maschili  per ragioni estetiche e d’uso.

Questo lungo preambolo per giungere ad una delle ultime scoperte, una Bianchi modello Rondine da 28 pollici del 1936, completamente integra e conservata a parte la sella sostituita negli anni ’50.
 

La linea è quella filante delle Bianchi e ricorda molto la sorella maschile Real, avendo gli stessi parafanghi a pagoda e il carter in 4 pezzi con sportello di ispezione.
 

I mozzi sono marcati Bianchi in corsivo, ancora un anno e poi la scritta diventerà in stampato minuscolo nel riquadro.
 

Le cromature sono la parte che sempre più mi intriga e mi spinge a lasciare le altre bici per lavorare su una Bianchi anteguerra: paiono uscite or ora dal bagno di cromatura, tanti risplendono, specialmente quelle prodotte in proprio dalla Bianchi, ossia manubrio , testa forcella e costa di parafanghi e carter.
 

I cerchi, che credo venissero comperati già cromati, hanno risentito più il tempo passato, pur mantenendo discreta la verniciatura al centro e parte degli elegantissimi filetti rossi.
 

Le manopole sono in cartone pressato bicolore, e sono quelle della linea economica Bianchi che molto le adoperò anche sulla Touring.

Pedali marcati Bianchi in corsivo, con gommini lunghi originali dell’anteguerra.
 

Non so di chi possa essere stata questa Bianchi, forse di un prete per davvero o più verosimilmente di qualche donna non propriamente..pigmea, che però la adoperò con parsimonia e buon senso, conservandola in questo ottimo stato sino al nostro 2013.

13-6 1936: la storia di Elvira.

Bici da donna, strani destini e diverse condizioni d’acquisto.
 

Tutte le anziane donne che ho avuto modo di intervistare, parlano con nostalgia di quegli anni ‘30 e ‘40 che le videro ragazzine.

Allora era impensabile che una ragazza comperasse sua sponte una bici ed era consuetudine pressochè universale che queste venissero regalate in occasioni speciali e…potendo permetterselo!

Voglio raccontare  la storia di Elvira, oggi 91 anni, che ricorda le prime scorribande negli anni ‘30 sulla Wolsit da corsa del fratello ( vinta alla lotteria!) , alla quale avevano saldato il manubrio al contrario per poterla usare anche da passeggio ( orrore!)

Questa, tornando un giorno dalla spesa dal paese vicino, aveva 12 anni, si ritrovò con 20 kg di borse della spesa a tracolla e un tronco  del manubrio in meno tra le mani..

Che spavento!E le scarpe nuove tutte rovinate!

Per fortuna che il droghiere Tuchin era nei pressi e la sorresse!

A lei, in occasione del compleanno dei suoi 14 anni, il 13 Giugno 1936, i fratelli fecero una bella sorpresa.
Risparmiarono mesi e decisero che la sorellina doveva avere una bella cavalcatura!

Quel giorno qualcuno le mandò a dire che il ciclista doveva parlarle.

Chiesto permesso alla madre ( o tempora, o mores!), si recò da costui, il quale le chiese quale delle biciclette esposte preferiva.
Lei era già alta per i suoi 14 anni e sulle bici da 26 si sentiva stretta, ricorda.

Imbarazzata, dopo non pochi tentennamenti scelse una fiammante Bianchi nera da 28 ,e quando il ciclista le disse “vai pure, se ti piace , già tutto aggiustato”, pensò al peggio.

Un tentativo di adescamento?

Uno sbaglio?

A casa la madre fece faville e solo l’arrivo di uno dei fratelli calmò le acque e spiegò l’accaduto.

Ancora oggi lo ricorda come uno dei più bei giorni della sua vita.

 

 

 

domenica 29 marzo 2009

Affetto e..affari!


Oggi vado a vedere in una stalla, una bicicletta "moolto vecchia"a detta dell'anziana signora che me la propone al telefono.

Gasatissimo, brucio i 15 chilometri sotto la pioggia aspettandomi, come credo la maggior parte di voi, manopole in osso, cerchioni 3/8 e magari la grande marca.

Entrando nel solito odore di pula, sotto cumuli di legname marciscente, i battiti calano da 130 a 65...

"Era di quando ero giovane, ai tempi era bella, ma mettendo la sella, un manubrio e magari due ruote più buone, fila che è un piacere.."

Una vecchia Atala anni 50, anzi, ciò che ne resta, mi guardava guercia dal basso, senza più nemmeno le bacchette dei freni..

A questo punto, non so voi , ma in situazioni di sconforto del genere trovo difficile persino congedarmi,figuriamoci con l'anziana donna che:

"Comprala, comprala, fai un affarone, quando è a posto vale 2 o 3000 euro(!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!ndr), mi dai 100 euro e te la aggiusti!Non fosse che mio nipote non si interessa, non la darei a così poco(!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!ndr2)"

Ora, è giusto dare peso agli affetti, quante volte ho pagato un pelo in più del dovuto belle bici con una storia strappalacrime, oppure mi son state regalate pur di non vederle andare distrutte..ma in questi casi, neppure l'opera pia dello spazzino sarebbe onorevole per tali sudicie mortali reliquie!

Saluto quindi la signora promettendo che ci avrei pensato, che è sicuramente un affare, per non toglierle quel bel sorriso ottuagenario ma furbissimo dal viso rugoso.

A quanti di voi sarà successo una cosa simile?O il grande affare?

Raccontate qualcosa, son davvero curioso.

Divertente, a volte, come gli Affetti si mescolino agli Affari...

venerdì 20 febbraio 2009

Bra, Marzo 1950


Lo scoppiettare allegro e sicuro aveva fatto scendere Neta come un fulmine dal secondo piano, dove stava armeggiando con le pentole per la cena della sera.


Non era solo per il Nino, che da due anni la filava come una sposa.


Il Nino oggi aveva la Gilera.


Era da maggio scorso che risparmiava per poter abbandonare il Paperino e comprare una moto vera, che facesse invidia al Guzzino di Piero, che ormai da mesi portava lui e la morosa a spasso per le colline, facendo invidia a tutto il caseggiato.


Loro compresi.


"Non serve mica andare lontano per volersi bene"si dicevano.


Ma era un bel dire, una bella gita con quella primavera in arrivo sembrava la terra promessa.


E con le diecimila lire al mese di Nino e la voglia di sposarsi e fare matrimonio decente pure, non c'era da scialare.


Ma alla fine la testa dura di Nino aveva avunto il sopravvento.


Che aveva dovuto firmare fior di cambiali da Nuccio, alla stazione, prima di avere la tanto agognata chiavetta.


"La sai portare una moto?Guarda che questa non va a rullo" intimoriva scherzoso Nuccio dalla tuta bianca immacolata, che a vederlo passeggiare davanti l'officina pareva un gendarme.


"Primi cinquecento chilometri mai oltre metà gas, poi falla brandare da magnìn!"


Col cuore in gola aveva percorso ai trentallora la stradina che portava alla Riva, dove abitava lei.


Neta ora ce li aveva davanti, nella prima aria calda del mattino.


Bello lustro lui, con i capelli impomatati e tesi all'indietro da spezzarsi, lucida e fiera lei, con il serbatoio cromato da far male a guardarlo .


Neta è raggiante, questo è un giorno da festeggiare.


Non importa se questi sono gli albori del consumismo, avranno tanti anni e tanta storia da fare per scoprirlo.


Importa che ora sono felici, che saranno piu liberi di muoversi, che Nino tornerà presto la sera e il mare non sarà più la meta irraggiungibile.


Ancora non sa quel gilerino che Neta darà a Nino tre figli, che emigreranno in città e lasceranno quei campi assolati.


Che vedranno posti, mentre lei sonnecchia tranquilla in garage, coperta da un telo.



Che una tragica fine aspetta Neta e anni di solitudine il Nino, che poi deciderà di venderti a me.


Quel che conta è che una mattina così deve essere vissuta, fino in fondo vissuta, con la gioia dei 20 anni e la spensieratezza della riacquistata libertà.


"Dì a madre che stamattina ti porto io al mercato, e che per mezzodì siam di nuovo qua"


Nessun giorno sarebbe mai più stato come quello, nessuno.


" E per una volta, aperitivo al chiosco.Speriamo ci sia anche Piero..."




giovedì 13 marzo 2008

Cicloricordi.


Magari qualcuno vedendo il mio album flickr Ciclobacchetta può pensare che la mia sia una passione decennale.

Non è così.

Bizzarramente le vecchie bacchette sono entrate a far parte della mia vita da poco.

Prima erano relegate in un angolo a favore delle ben più ambite motociclette.

Magari ne salvavo qualcuna così, tanto perchè sembrava davvero vecchia.

O ne regalavo altre tanto per togliermele.

Poi le moto iniziano a non più starci tutte nei garage.

E cambiare un poco fa bene.

Così inizia a instaurarsi lento il germe della malattia che mi porterà ad averne in meno di due anni una sessantina.

E se il mio occhio clinico a portici e garage era già allenato da una quinicina d'anni di caccia spietata alle motociclette, ora continua con loro.

Alcune sono arrivate in stato poco meno che cadaverico.

Come la Burdese, che vedevo dal bordo strada giacere abbandonata col manubrio rotto in due pezzi in mezzo a un cumulo di ferro arrugginito, finchè non mi son fatto coraggioso e l'ho recalamata all'anziano proprietario casciniere che un po'stranito me l'ha donata.

"Abbiamo consegnato latte e uova per quaranta anni.Dopo tanto riposo almeno tornerà come nuova"mi disse.

La faccia che fece il giorno che gliela presentai funzionante si, ma solo spennellata a nafta!

Oppure quella balloncina che mi accompagnò per chilometri quelle notti dopo che lei mi volle abbandonare.

Eravamo nel buio della campagna io, lei, e il frusciare monotono ma amico della dinamo Dansi, il cui fascetto di luce del fanale sull'asfalto illuminava le lacrime che versavo triste.

O quei giri in primavera che prestò tornerò a fare, allegri e spensierati sulle stradicciuole sterrate, in cui per una volta chissenefrega del fango e delle buche.

Con loro che paiono ridere appoggiate ai fossi o agli alberi, di nuovo vive ancora una volta.

Ecco, io esagero nel proiettare, ma sento proprio questo loro ringraziarmi, ad ogni oliata e ogni ripulita che do loro, ogni volta che le provo di nuovo e le sento belle rullanti dopo decenni di abbandono.

Anche se non le rivernicio.

Anche se a volte manco le spolvero, perchè, a volte, quella non è banale polvere della Repubblica, ma polvere presa magari durante la guerra, per sfuggire ai tedeschi.

Come la Bianchi del 1942 che fu di un muio zio partigiano, e che abbandonò nel 45 in una soffitta per poi andarsene a far fortuna a Genova.

Anche se a qualcuno possono fare schifo, cosi tutte arrugginite e acciaccate.

Ma avete mai visto una novantenne top model?

Non avranno un motore, è vero, ma nessuno potrà negare il senso di importanza che si ha quando si cavalca una bella bacchetta .

Un tizio una volta diceva: "Quando cavalco una Guzzi, io mi sento qualcuno".

Ecco, io allo stesso modo, quando cavalco una bici a bacchetta, mi sento bene.

E scusate se è poco.