mercoledì 1 luglio 2020

Gerbi, emozioni.

Dicono che le passioni più grandi siano state covate per anni sotto la brace della continenza.
Chissà.
Vero è che questa Gerbi ha covato paziente nella mia cantinetta per almeno dieci anni prima che mi decidessi di riportarla agli antichi fasti.
Ha atteso paziente, perché
"Aspetta chi è aspettato /che sia compiuta l'attesa di chi attende / un suono strutturato/ in modo di poter reggere per molto tempo ancora" (CSI)
E molto reggerà, adesso.

Quando la presi, secoli fa, a malapena si capiva che fosse una bici, altro che Gerbi.
Solo la targhetta, pur ricoperta da uno strato di pessimo grigio, diceva Asti e Diavolo.
Faceva male a vederla, povera stella.
Eppure potevi pedalarla.
Male, ma la pedalavi.
I cuscinetti avevano fatto pace con le chilate di vernice profusa a piene e stolte mani e i parafanghi, quel che ne rimaneva, cigolavano come porte al vento di un castello diroccato.
Eppure tutto era marcato, calotte incluse.

Bastava sverniciare, pulire, ricomporre, pulire, oliare, ingrassare, tirare i raggi. Robette.
Con lo stesso spirito e la stessa passione ci ho messo mano durante questa chiusura per pestilenza.
La pace che cercavo l'ho trovata nella clausura dei monaci , nel tempo che fluisce molto proprio e in nessuna nessunissima fretta.
Solo così ho recuperato molto di ciò che forse, in tempo di normalità, avrei rovinato con quella fretta di chi macina le ore sul lavoro e vede le lancette scorrere troppo in fretta.
Questa superballoncina con ruotone da 26 3/4 ne ha viste tante.

Come tutte le Gerbi da passeggio che mi son passate per le mani, ha viaggiato tanto, è stata rattoppata ( ah, la giunta sul parafango posteriore!), ma è ancora qui.

Una Gerbi è come il maiale, non si butta nulla!
I mozzi nichelati scorrono divinamente ora che le sfere hanno solo grasso e più nulla di polvere  vernice .
Innamorato di lei, le ho fatto dono di una bella sella anni 30 in crine e di un gruppo luce coevo a cipolla .

Mi piace immaginare Gerbi in persona che , incazzato nero, passa tra le fila delle sue bici e fa un mazzo così ad un operaio che magari ha sbagliato qualcosa, oppure , sempre bestemmiando, ripensa ad una vittoria mancata, suo  antico cruccio.
Un Gerbi innamorato della bicicletta, che non costruisce bici di lusso a freni interni ma che mette un tappino col suo nome sul terminale della vite dell'expander del manubrio .

Oppure che mette, vera finezza, lo sportellino tipo Dei al padellino del carter.

Bici che dovevano durare, essere usate e strusate, fino all'inferno, dal quale sarebbero scampate avendo con sé  diavolo e colore rosso.
Quindi eccola, ancora viva nonostante guerra e alto così di pedalate e maltrattamenti, più viva e più rossa, coi segni del tempo, rossa di inferno , rossa di amore.
Durante questo restauro ho parlato a lungo con lei, immaginandomi Gerbi a fianco intento  a bere la famosa aranciata e dimentico della strada, nella controluce cantata da Conte e in un' eternità dove " tutto se ne va".
Solo ferro vecchio dirà qualcuno, ma  ferro denso di emozioni : le cose più importanti , per un uomo.