lunedì 18 novembre 2013

A.P.A. anni 20, Antonio Prina


Stupidaggini, forse.

Eppure io sono convinto che le cose nella vita non capitano mai per caso, e che le cose giuste, come le persone, arrivino quando è il momento giusto.

Detto così sembra una banalità da cioccolatino Perugina, ma io ci credo.

In un blocco di ruggine, domenica passata, ritiro anche questa simpatica bici anni ‘20 di origine corsaiola.
 

Bei forcellini, bei mozzi sportivi con galletti enormi.

Bella guarnitura corsaiola marcata A.P.A..
 

APA? Mahh??marchio locale sconosciuto…

I parafanghi sono assai simili a quelli Legnano anni 30 per le  3/8  e mentre mi accingo a smontarli noto con gioia l’attacco diretto alla forcella con occhiello elegantissimo.
 

Dove ho già visto un lavoro così?”
 

Sulla Prina!!”mi rispondo

Ed ecco che un’illuminazione, forse voluta da Monsù Antonio, che vede di buon occhio che qualche sua creatura ancora sopravviva nella mia raccolta.

A-p-a: Antonio Prina Asti!

Ma certo. È il logo che compare anche sui patacchini Prina!

Chissà perché marcata solo APA?

Una primissima serie?

Una sottomarca?

 Ragioni commerciali?

Il tempo ce lo dirà, o qualcuno più ferrato di me sulle Prina!
 

Svelato l’arcano, guardo con occhio diverso quello che fino a poco prima era un’accozzaglia di pezzi da usare per completare i restauri.

Il telaio è robusto, con tubi sovradimensionati che vanno a chiudersi al nodo sella.

Una brutta saldatura sulla fascetta del freno posteriore ancorata al tubo discendente, mi da la conferma dell’artigianalità del lavoro eseguito forse anni dopo, quando questa purosangue fu trasformata in onesto bronzino da tiro.
 

Verrebbe voglia di smontare tutta la rumenteria a bacchetta e mettere su una bella piega corsa e due bowden.
 

Ma chi li ha ora?

E poi, sarebbe giusto?

Me la vedo agghindata da corsa, lucente un giorno di primavera del 192-….., con un bel giovanottone atletico che spinge sui pedali per le colline monferrine.

La bici è pesante, deve essere costata dei sacrifici ben maggiori rispetto a quelli che sta facendo ora su questo sterrato.
 

Magari l’ha comperata dal Prina in persona, elegantissimo come sempre.

Un vecchio meccanico, che acquistò il suo magazzino anni dopo il fallimento, lo ricorda amante del bel vestire e del bel vivere, sino alla fine.

Non mi stupisce quindi la raffinatezza che volle infondere nel ferro, a perenne memoria di un’eleganza e una raffinatezza che era per molti, si, ma non certo per tutti!
 

 

 

 

 

 

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