lunedì 26 ottobre 2015
Ritorno al futuro
"Grande Giove!"
Tutti noi appassionati del passato abbiamo sicuramente presente la saga di " Ritorno al futuro", in questi giorni attuale più che mai.
Una delle scene che sempre mi emozionano è quella riferita al ritrovamento nella miniera abbandonata della vecchia DeLorean ( la macchina del tempo), occultata da Doc nel 1885 perché il giovane Martin la ritrovasse nel 1955.
70 anni dopo.
Il momento nel quale Martin sfonda il muro e la torcia illumina l'auto mi ha sempre messo un brivido.
Tutto questo preambolo per rendervi edotti delle emozioni che ho provato nel reperire questa bicicletta, ex corsaiola anni 20, ed ascoltare la sua storia.
A tutta prima, anche per via dell'esosa richiesta economica, non avevo preso troppo in considerazione l'idea di adottarla.
Un parafango e una pedivella spaiati.
Nessuna marca rilevante.
"Era su di una soffitta praticamente blindata dal 1950.E questa era dietro a tutto."
La casa era un palazzo padronale della vecchia Cuneo, sgomberata dopo che l'ultimo proprietario era deceduto ed i figli avevano deciso di ripulire dopo decenni di oblio.
Famiglia benestante, di certo.
L'origine corsaiola di questa simpatica reliquia è tradita inequivocabilmente dai cerchi in legno per tubolare montati su mozzi enormi, posteriore giroruota.
Come la moda del tempo imponeva, il manubrio da corsa ha lasciato il posto ad un più civile corna di bue con le leve che sparano all'insù.
Di certo doveva essere un lusso non da poco poter circolare su una bici da passeggio con cerchi legno e tubolari da corsa!
Antesignana delle modernissime city bike!
In moltissime foto di quegli anni ho visto questa modifica e francamente poco la condivido, a livello pratico.
I cerchi sono frenati da ganasce fascettate : all'anteriore troviamo un modello francese degli anni 10 -20 mentre le terga sono frenate da un italianissimo Universal anni 30 pieni.
Anche questo fatto è curioso, siccome ho più di una bici con i medesimi freni spaiati!
Le manopole sono in cartone pressato Silca, mentre la sella da corsa ha lasciato il posto ad una più pacifica e molleggiata Turismo marca Leon: fa tenerezza lo spago arrotolato anti ribaltamento che ancora oggi, dopo oltre 70 anni, ferma sicuro la mollona anteriore!
Sul canotto troviamo l'immancabile bollo: questo porta la data del 1938 e non mi stupirei se fosse davvero l'ultimo anno nel quale venne usata la bici!
I parafanghi sono anche essi spaiati: posteriormente troviamo un bello schiena d'asino sicuramente coerente con la bici, corredato di bella gemma in vetro a melograno.
Quello anteriore proviene da qualche balloncina anni 30 e ignoro il motivo per il quale venne sostituito in quanto il telaio è sano come un bambino appena nato!
Che dire?
Mai come in questa acquisizione è prevalso il cuore ed il sogno sulla fredda ragione , che di certo avrebbe glissato vista la non certa paternità e i pezzi sostituiti.
Ma la mia idea di conservazione del patrimonio ciclistico, la mia fissazione di tramandare qualcosa alle generazioni future di intonso ed inviolato, hanno avuto la meglio.
E ogni volta che mi verrà un dubbio, ne son certo, andrò ad ammirarla dove l'ho riposta gelosamente in collezione, e di certo nella mia mente balenerà l'espressione tanto cara a Doc:
"Grande Giove!"
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mercoledì 14 ottobre 2015
Per giovinetti
Le bici da bambino suscitano sempre simpatia.
Specialmente quelle molto datate.
Forse per un richiamo alla nostra infanzia, oppure a quella che immaginiamo sia stata per i nostri padri e nonni.
Oggi i bambini hanno tutto, troppo.
Una volta avevano poco, troppo poco.
Questo non vuol dire non si divertissero lo stesso, anzi!
Ma per i pochi che potevano avere il qualcosa, questo qualcosa spesso era una bicicletta.
In tempi che nemmeno un padre di famiglia, onestuomo lavoratore, spesso non poteva permettersi il lusso della bicicletta, vedere ragazzotti di 10 12 anni con la lor fiammante 24 doveva essere quanto mai un identificatore dello status sociale.
Più che all'indubbia felicità ed orgoglio che avrà provato il giovin ciclista su questa simil-Wolsit anni 20, immagino lo sguardo invidioso e livido di sana gelosia che la maggior parte del popolino fanciullesco avrà provato nel vederlo scendere in istrada magari accompagnato dal padre su nobilissima cavalcatura.
Questa bicicletta non è la classica bici da bambino, costruita con materiali e cure più scadenti, visto che andrà a finire in mani inesperte e malcuranti.
No.
Presenta le stesse pregevoli e accurate finiture delle sorelle maggiori: mozzi con ingrassatori, manubrio roller con frenate fascettate , parafanghi a schiena d'asino,campanello e gemma in vetro a melograno.
Oliatore sul movimento centrale e pedali a 4 gomme.
Su una pedivella si legge a malapena lo stinto marchio, che presenta due nomi: se riuscirò a decifrarlo lo pubblicherò.
Ma mai come in questo caso poco conta Marchio o blasone: conta il simbolo di un'epoca ormai passata, le reliquie di un tempo in cui c'era ancora l"'Io posso e Tu no" anche a questa età.
Abisso sostituito con poca fortuna dalle moderne diavolerie elettroniche che hanno appianato i ceti fanciulleschi, sia pure tristemente al ribasso per quanto riguarda fantasia e creatività.
Specialmente quelle molto datate.
Forse per un richiamo alla nostra infanzia, oppure a quella che immaginiamo sia stata per i nostri padri e nonni.
Oggi i bambini hanno tutto, troppo.
Una volta avevano poco, troppo poco.
Questo non vuol dire non si divertissero lo stesso, anzi!
Ma per i pochi che potevano avere il qualcosa, questo qualcosa spesso era una bicicletta.
In tempi che nemmeno un padre di famiglia, onestuomo lavoratore, spesso non poteva permettersi il lusso della bicicletta, vedere ragazzotti di 10 12 anni con la lor fiammante 24 doveva essere quanto mai un identificatore dello status sociale.
Più che all'indubbia felicità ed orgoglio che avrà provato il giovin ciclista su questa simil-Wolsit anni 20, immagino lo sguardo invidioso e livido di sana gelosia che la maggior parte del popolino fanciullesco avrà provato nel vederlo scendere in istrada magari accompagnato dal padre su nobilissima cavalcatura.
Questa bicicletta non è la classica bici da bambino, costruita con materiali e cure più scadenti, visto che andrà a finire in mani inesperte e malcuranti.
No.
Presenta le stesse pregevoli e accurate finiture delle sorelle maggiori: mozzi con ingrassatori, manubrio roller con frenate fascettate , parafanghi a schiena d'asino,campanello e gemma in vetro a melograno.
Oliatore sul movimento centrale e pedali a 4 gomme.
Su una pedivella si legge a malapena lo stinto marchio, che presenta due nomi: se riuscirò a decifrarlo lo pubblicherò.
Ma mai come in questo caso poco conta Marchio o blasone: conta il simbolo di un'epoca ormai passata, le reliquie di un tempo in cui c'era ancora l"'Io posso e Tu no" anche a questa età.
Abisso sostituito con poca fortuna dalle moderne diavolerie elettroniche che hanno appianato i ceti fanciulleschi, sia pure tristemente al ribasso per quanto riguarda fantasia e creatività.
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freni a fascetta.
venerdì 9 ottobre 2015
Io non seguo, supero!
La moglie giaceva davanti a lui, nel letto di ospedale.
Stupidamente ferma ed ostinatamente sorridente nel rigore della morte.
"Ancora due mesi, tre se va bene" gli disse il Gran Professore dopo la visita in ospedale.
Chiara non era fessa e aveva capito tutto.
Il pianto che fece in auto poco dopo mise fine a qualsiasi discorso.
Fedele al loro stile di vita non si sarebbe curata ma avrebbe vissuto al massimo ciò che immaginava le restasse da vivere.
Angelo avrebbe organizzato un viaggio con degli amici: niente di fuorivia , un bel viaggio nel sud Italia che lei tanto amava.
E proprio al ritorno dal viaggio, il peggioramento, la crisi e la falce che non perdona.
Ora davanti all'ancor bella moglie sdraiata nella bara, Angelo pensava a tutto ciò che di bello erano stati gli anni che li avevano uniti.
I bei viaggi, la casa che si erano studiati a tavolino essendo entrambi brillanti architetti.
Non avendo mai avuto bambini si erano goduti quella malinconia di stanza vuota riempendola con ciò che di bello la vita offriva e no, no davvero, nessun rimpianto per nulla.
Davanti agli amici che si accalcavano contriti opponeva un sorriso quasi demoniaco che molti scambiavano per crisi di nervi.
In realtà Angelo ricordava con fermezza ed assoluta volontà uno dei momenti più belli della loro vita insieme: l'incontro ed il corteggiamento al Liceo.
Chiara aveva due anni in meno e lui se la studiava giorno e notte , senza il coraggio di avvicinarla.
Tutti sapevano di questa passione nascosta , persino Chiara.
Passarono gli anni, venne la maturità.
Chiara sembrava un ricordo ormai sbiadito quando durante una mattina di bighellonata Angelo si imbattè nella classe di Chiara all'uscita dalla palestra nell'ora di ginnastica.
Gli ozii universitari avevano allentato la timidezza del giovane, e senza pensarci si intruppò alla scolaresca.
Per puro caso era venuto a sapere di un alunno che mai si era presentato , tale Rigotti, e nulla fu più facile di entrare in classe, sedersi accanto alla bella Chiara sotto lo sguardo attonito ma attento dei compagni, che tutto sapevano e tutto avrebbero immaginato quel mattino, tranne quel diversivo.
"Nemmeno io sapevo come sarebbe andata a finire" confessava agli amici che anni dopo rimembravano quell'episodio.
Entrata la professoressa di Inglese, all'immancabile appello sgranò tanto di occhi quando alla chiamata del Rigotti rispose Angelo.
"E ti pare il momento di presentarti?"
"Non sapevo fosse iniziata la scuola, da noi non arrivano nemmeno i giornali"
Insomma, da lì a mettersi a fumare con i piedi sul banco il passo fu breve.
"Ma da dove vieni? Fumi in classe e nemmeno segui?"
"Io non seguo, supero!!!!Wrooommmm!!!"
Detto fatto, Angelo, sigaretta in bocca, sfrecciava col banco a mezz'aria per la classe, tra lo sbellicarsi dei compagni e lo sguardo ammirato e divertito di Chiara.
" Rigotti! Fuori! Dal preside!"
Ormai era fatta, e fu facile uscire e defilarsi in strada.
Il caos che ne seguì e il coinvolgimento del vero Rigotti divennero storia da bar e ancora oggi vi è chi favoleggia sull'accaduto aggiungendo qui e là fatti inventati.
Chiara lo amò da quel giorno e ogni giorno con lui fu per lei una copia di quella mattina: calda, emozionante , surreale.
Il corteo si avviava al camposanto e solo lui era rimasto con la salma.
Gli addetti chiesero se potevano chiudere la bara e lui non ebbe esitazioni nel dire di si ed uscire dalla stanza.
Qualcosa ballava in lui come una piccola stella e non riusciva ancora a capire come sarebbe andata a finire, esattamente come tanti anni fa.
Era soddisfatto.
Sereno.
"Noi cominciamo ad andare.Ci vediamo in Chiesa."
Quando tutti furono partiti e anche l'auto funebre si avviava mesta , salì in auto.
"Perché no? " si disse ridacchiando.
La Chiesa e il camposanto erano dall'altra parte della città e si doveva percorrere una piccola tangenziale.
Dopo pochi minuti si accodò alla moglie e rimase parecchi minuti in silenzio.
Dall'avvallamento un camion rimorchio sopraggiungeva e quella piccola pietra dentro prese a ballare sempre più forte: era una risata sonora e piena.
Prese anche lui a ridere , mentre la mano scalava di marcia ed il motore ruggiva a pieni giri.
Gli dispiacque non avere una sigaretta, della bella musica.
Rimase al fianco della moglie per parecchi istanti e in quell'istante estremo, sotto gli occhi esterrefatti degli autisti, la salutò ancora una volta:
"Io non seguo, supero".
Stupidamente ferma ed ostinatamente sorridente nel rigore della morte.
"Ancora due mesi, tre se va bene" gli disse il Gran Professore dopo la visita in ospedale.
Chiara non era fessa e aveva capito tutto.
Il pianto che fece in auto poco dopo mise fine a qualsiasi discorso.
Fedele al loro stile di vita non si sarebbe curata ma avrebbe vissuto al massimo ciò che immaginava le restasse da vivere.
Angelo avrebbe organizzato un viaggio con degli amici: niente di fuorivia , un bel viaggio nel sud Italia che lei tanto amava.
E proprio al ritorno dal viaggio, il peggioramento, la crisi e la falce che non perdona.
Ora davanti all'ancor bella moglie sdraiata nella bara, Angelo pensava a tutto ciò che di bello erano stati gli anni che li avevano uniti.
I bei viaggi, la casa che si erano studiati a tavolino essendo entrambi brillanti architetti.
Non avendo mai avuto bambini si erano goduti quella malinconia di stanza vuota riempendola con ciò che di bello la vita offriva e no, no davvero, nessun rimpianto per nulla.
Davanti agli amici che si accalcavano contriti opponeva un sorriso quasi demoniaco che molti scambiavano per crisi di nervi.
In realtà Angelo ricordava con fermezza ed assoluta volontà uno dei momenti più belli della loro vita insieme: l'incontro ed il corteggiamento al Liceo.
Chiara aveva due anni in meno e lui se la studiava giorno e notte , senza il coraggio di avvicinarla.
Tutti sapevano di questa passione nascosta , persino Chiara.
Passarono gli anni, venne la maturità.
Chiara sembrava un ricordo ormai sbiadito quando durante una mattina di bighellonata Angelo si imbattè nella classe di Chiara all'uscita dalla palestra nell'ora di ginnastica.
Gli ozii universitari avevano allentato la timidezza del giovane, e senza pensarci si intruppò alla scolaresca.
Per puro caso era venuto a sapere di un alunno che mai si era presentato , tale Rigotti, e nulla fu più facile di entrare in classe, sedersi accanto alla bella Chiara sotto lo sguardo attonito ma attento dei compagni, che tutto sapevano e tutto avrebbero immaginato quel mattino, tranne quel diversivo.
"Nemmeno io sapevo come sarebbe andata a finire" confessava agli amici che anni dopo rimembravano quell'episodio.
Entrata la professoressa di Inglese, all'immancabile appello sgranò tanto di occhi quando alla chiamata del Rigotti rispose Angelo.
"E ti pare il momento di presentarti?"
"Non sapevo fosse iniziata la scuola, da noi non arrivano nemmeno i giornali"
Insomma, da lì a mettersi a fumare con i piedi sul banco il passo fu breve.
"Ma da dove vieni? Fumi in classe e nemmeno segui?"
"Io non seguo, supero!!!!Wrooommmm!!!"
Detto fatto, Angelo, sigaretta in bocca, sfrecciava col banco a mezz'aria per la classe, tra lo sbellicarsi dei compagni e lo sguardo ammirato e divertito di Chiara.
" Rigotti! Fuori! Dal preside!"
Ormai era fatta, e fu facile uscire e defilarsi in strada.
Il caos che ne seguì e il coinvolgimento del vero Rigotti divennero storia da bar e ancora oggi vi è chi favoleggia sull'accaduto aggiungendo qui e là fatti inventati.
Chiara lo amò da quel giorno e ogni giorno con lui fu per lei una copia di quella mattina: calda, emozionante , surreale.
Il corteo si avviava al camposanto e solo lui era rimasto con la salma.
Gli addetti chiesero se potevano chiudere la bara e lui non ebbe esitazioni nel dire di si ed uscire dalla stanza.
Qualcosa ballava in lui come una piccola stella e non riusciva ancora a capire come sarebbe andata a finire, esattamente come tanti anni fa.
Era soddisfatto.
Sereno.
"Noi cominciamo ad andare.Ci vediamo in Chiesa."
Quando tutti furono partiti e anche l'auto funebre si avviava mesta , salì in auto.
"Perché no? " si disse ridacchiando.
La Chiesa e il camposanto erano dall'altra parte della città e si doveva percorrere una piccola tangenziale.
Dopo pochi minuti si accodò alla moglie e rimase parecchi minuti in silenzio.
Dall'avvallamento un camion rimorchio sopraggiungeva e quella piccola pietra dentro prese a ballare sempre più forte: era una risata sonora e piena.
Prese anche lui a ridere , mentre la mano scalava di marcia ed il motore ruggiva a pieni giri.
Gli dispiacque non avere una sigaretta, della bella musica.
Rimase al fianco della moglie per parecchi istanti e in quell'istante estremo, sotto gli occhi esterrefatti degli autisti, la salutò ancora una volta:
"Io non seguo, supero".
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