venerdì 28 marzo 2008

Liscia come l'olio


Era venuta una sera d'estate, in cui la serranda dell'officinetta restava aperta fino a tardi per godere della frescura notturna.
Qualcuno doveva averle detto di me che riparavo cose vecchie per passione e non lucro, e forse anche bene, chissà.
Nella penombra riconobbi prima la frenatura interna, poi le sue lunghe gambe maestose guarnite da una gonnellina svolazzante e semplice in tulle viola.
Lì per lì rimasi incantato con la chiave del 13 in mano e lo sguardo perso tra il nero del cannotto, ma proprio nero senza alcuna bacchetta cromata o filo e la sua scollatura impreziosita da un merletto delizioso.
Nero.
"Scusa se ti disturbo a quest'ora.So che ti interessano vecchie bici e ho pensato di portarti a vedere questa.Piacere, io sono Gemma."
Istintivo l'occhio si buttava a capofitto al di dietro, dove uno sberluccichio tenue faceva capolino imbarazzato e timido.
"Bianchi Impero!Voglio dire, piacere, Andrea"
"Ma che bravo!Come hai fatto a capire che è una Bianchi?Alllora te ne intendi davvero come dicono.Mi ha dato il tuo indirizzo Sergio, tu sai chi è vero?"
"Come no.Bravo ragazzo.Come mai me l'hai portata?"
"Devo sgomberare il garage, e piuttosto di gettarla preferisco darla a qualcuno che se ne prenda cura.."
Fu in quel momento che le budella m'andarono in gomitolo davvero, e non fu solo per la Murazzano al Barbera che avevo appena mangiato.
Una Bianchi Impero.
Il sogno di una collezione.
Nera e bella.
Bella, appunto.
"Liberartene?Perchè mai?Una bici così bella va curata e tenuta non in garage, ma nella stanza da letto."
"Addirittura!Mio papà l'avrebbe già buttata da mesi..Ma se non ti interessa la darò a qualcun altro.."
"Davvero non vuoi tenerla?Magari è un ricordo.."
"Si era del nonno, poverino.Lui è morto dieci anni fa, ero piccola.."
" Allora curala, amala in suo ricordo.Se vorrai, ti aiuterò a rimetterla in sesto.."
"Non saprei dove metterla.Davvero, prendila.Dammi quello che ti sembra giusto."
Se fossi stato Humprey Bogart o robe del genere, l'avrei baciata e me ne sarei scappato con la Impero.
Come minimo.
Ma il suo sorriso sfida queli tubi senza congiunzioni visibili.
La sua pienezza contrasta così bene con l 'assenza delle bacchette che separarle, sarebbe delitto.
Sudo freddo.
"No, se vuoi vieni qui alla sera e insieme troveremo la soluzione.Vorrei che continuasse a essere tua.E bella. "
"Va bene. Mi hai convinto.Verrò forse al venerdì. Questo è il numero.Ma la bici la lascio qui, per ora."
Col venerdi arriva il martedì, il giovedì, la notte insieme, il grasso sui cuscinetti, i copertoni nuovi sui cerchi da 28.
E le parole nel buio soffuso rotto solo dalla lampadina in alto, circondata dai moschini.
In quelle sere imparasti il pregio della frenatura interna Bianchi, l'eredità della Super R, la mia passione, il tuo amore per l'Arte e il Teatro.
Poi venne la Sera.
La Prova.
Eravamo emozionati come due bambini, tu con il tuo gioiello luccicante e ingrassato, sempre bella nella tua abbronzatura, io con la cugina Smeraldo, meno blasonata, ma altrettanto felice di esserci.
I Radius mandano più luce di un sole a mezzogiorno e la frescura ammanta il tuo abitino bianco.
Vicino alla bialera scendiamo ad ammirare le stelle e tra il gracidare delle rane mi abbracci, inaspettata.
Desiderata.
Le mie mani ti toccano, ti accarezzano e ti desiderano.
La tua pelle scorre sotto la mie mani incallite , vellutata.
"Allora, come va questa bicicletta, signor meccanico?"
"Liscia.Liscia come l'olio."

martedì 18 marzo 2008

Addio, fratello!


"Va bene per le 9:30.Poi mio papà inizia a lavorare e non c'è più verso di smuoverlo!"

La via è stretta, ma le case son curatissime.

Davanti ad una minuscola porticina in legno, ci accoglie la signora di cui sopra.

Nella stanzetta, un mucchio ci ciarpame più o meno utile racconta la storia di una vita passata a lavorare su scarpe e cuoio.

In un angolo, seminsascosto dal buio e illuminato da una striminzita lampada da 25 watt, si sente un tamburellare ritmato.

"Ha iniziato ora, ma credo che un momento smetterà".

L'ometto è piccolo, i capelli di neve e sulle ginocchia un grembiule in cuoio consumato dall'uso e dal tempo.

Sotto i baffetti bianchi il sorriso è quello di un ragazzino, lo sguardo attento e vispo.

"Voi siete quelli per la bici.Ma chi la userà, lui o quella bella figliola?"

"Tutti e due" rispondiamo all'unisono.

Il ghiaccio è rotto, con un cenno sbrigativo ci indica un telo, che lesto scopro.

Sotto lo spettacolo è notevole: Frejus 28 completamente integra, ben curata, con le gomme gonfie e addirittura un velo di grasso su tutto il corpo.

Fanale Cev allungato e dinamo originale.

Mi colpisce la gomma messa sotto il campanello, per non rovinare la cromatura.
Particolare di cura, di Amore.

"L'ho comprata io nel '48, quando ci furono le elezioni.Allora avevo 28 anni e mi ci erano voluti dei bei mesi per racimolare la somma necessaria.Ricordo ancora il giorno che la portai a casa, filava che era un piacere, in meno di un'ora andavo e venivo da Cuneo.Bei tempi!"

Quasi commosso, mi mostra alcune fotografie che lo ritraggono con lei, nella campagna assolata degli anni 50, zaino stracolmo in spalla.

"Ma davvero la vuol dar via?"

"E che me ne faccio?Di vecchio qua ci sono io, mi basto e m'avanzo.Solo una cosa: che resti così com'è, con questa bella vernice verde lucido e che venga usata, sempre!Guardate come sono arrivato io a 88 anni senza mai fermarmi un attimo!"

Non possiamo che annuire.
Durante un buon caffè, fatto alla moda vecchia, le parole raccontano i segreti del cuoio, i personaggi importanti da lui "scarpati"-sono sue parole- e l'importanza di aver avuto sempre un buon mezzo di trasporto: lei.
Anche quando arrivò la Lambretta e poi la 500.
"Non l'avrei mai lasciata. Mai.Per me, come un fratello."

Al momento della consegna, visibilmente emozionato, da una vecchia credenza tira fuori un involucro della Cev con una dinamo nuova dentro.

"La comprai cinquanta anni fa.Allora la notte era buia e se per caso la dinamo faceva cilecca, ne avevo sempre una nuova di scorta.Mai usata!Fanno ancora oggetti così?"

No, caro ciabattino.

E nemmeno uomini in grado di amare gli oggetti come Te, purtroppo.

Dopo la solenne promessa che la bici l'avrei custodita io in persona, che l'avrei curata e amata allo stesso modo, lui non resiste alla tentazione di alzarla e mostrarmi la scorrevolezza:

"Rulla come sul rosolio: grasso a volontà, ragazzo!"

E nemmeno si esime dal donarmi la coperta in cui per tanti anni è stata avvolta: almeno la notte si sentirà a casa.

Colpito da tanto amore richiedo se sia davvero intenzionato a cederla:

"Cosa fatta capo ha" risponde secco.

E, voltandosi, riprende il suo lavoro ticchettante.

Una lacrimuccia, ne son certo, inumidirà oggi quel cuoio.


giovedì 13 marzo 2008

Cicloricordi.


Magari qualcuno vedendo il mio album flickr Ciclobacchetta può pensare che la mia sia una passione decennale.

Non è così.

Bizzarramente le vecchie bacchette sono entrate a far parte della mia vita da poco.

Prima erano relegate in un angolo a favore delle ben più ambite motociclette.

Magari ne salvavo qualcuna così, tanto perchè sembrava davvero vecchia.

O ne regalavo altre tanto per togliermele.

Poi le moto iniziano a non più starci tutte nei garage.

E cambiare un poco fa bene.

Così inizia a instaurarsi lento il germe della malattia che mi porterà ad averne in meno di due anni una sessantina.

E se il mio occhio clinico a portici e garage era già allenato da una quinicina d'anni di caccia spietata alle motociclette, ora continua con loro.

Alcune sono arrivate in stato poco meno che cadaverico.

Come la Burdese, che vedevo dal bordo strada giacere abbandonata col manubrio rotto in due pezzi in mezzo a un cumulo di ferro arrugginito, finchè non mi son fatto coraggioso e l'ho recalamata all'anziano proprietario casciniere che un po'stranito me l'ha donata.

"Abbiamo consegnato latte e uova per quaranta anni.Dopo tanto riposo almeno tornerà come nuova"mi disse.

La faccia che fece il giorno che gliela presentai funzionante si, ma solo spennellata a nafta!

Oppure quella balloncina che mi accompagnò per chilometri quelle notti dopo che lei mi volle abbandonare.

Eravamo nel buio della campagna io, lei, e il frusciare monotono ma amico della dinamo Dansi, il cui fascetto di luce del fanale sull'asfalto illuminava le lacrime che versavo triste.

O quei giri in primavera che prestò tornerò a fare, allegri e spensierati sulle stradicciuole sterrate, in cui per una volta chissenefrega del fango e delle buche.

Con loro che paiono ridere appoggiate ai fossi o agli alberi, di nuovo vive ancora una volta.

Ecco, io esagero nel proiettare, ma sento proprio questo loro ringraziarmi, ad ogni oliata e ogni ripulita che do loro, ogni volta che le provo di nuovo e le sento belle rullanti dopo decenni di abbandono.

Anche se non le rivernicio.

Anche se a volte manco le spolvero, perchè, a volte, quella non è banale polvere della Repubblica, ma polvere presa magari durante la guerra, per sfuggire ai tedeschi.

Come la Bianchi del 1942 che fu di un muio zio partigiano, e che abbandonò nel 45 in una soffitta per poi andarsene a far fortuna a Genova.

Anche se a qualcuno possono fare schifo, cosi tutte arrugginite e acciaccate.

Ma avete mai visto una novantenne top model?

Non avranno un motore, è vero, ma nessuno potrà negare il senso di importanza che si ha quando si cavalca una bella bacchetta .

Un tizio una volta diceva: "Quando cavalco una Guzzi, io mi sento qualcuno".

Ecco, io allo stesso modo, quando cavalco una bici a bacchetta, mi sento bene.

E scusate se è poco.



lunedì 3 marzo 2008

Gemmantica


La telefonata era stata come sempre frugale e veloce.

Poteva passare inosservata, quasi nel dimenticatoio.

Epperò, come sempre m'accade, stavolta volevo andarci a fondo.

"Una bicicletta vecchia, coi freni a bacchetta, appesa da dopo la guerra al chiodo.La signora che la usava saranno cinquanta anni che è morta".

Le solite palle, per cercare di venderti qualche ciclobacchetta ritoccata alla carlona.

Ma stavolta no, voglio essere ottimista.

Richiamo il tipo e fisso un appuntamento al giorno dopo.

Un solo nome, sussurrato a bocca incerta: "Wolsit".

Passo la serata a cercare notizie, rivedere le mie Wolsit, conservate altro che bene.

"Una 26? Un 28?E se ha i cerchi in legno?"sono le domande che assillano la mia notte.

Intanto la mia fidanzata ronfa serena incurante delle mie rugginose elucubrazioni.

Il tragitto che ci separa non è breve, ma brucio i cinquanta chilometri in poco più di mezz'ora, incurante del traffico e dei limiti.

"Ha aspettato cinquanta anni, non potrà ancora aspettare un po?"

La mia lei non è nuova ai miei ritrovamenti, ma stavolta la tensione è nell'aria, si tocca con mano.

Troviamo la strada non senza difficoltà.

Il tizio è puntuale, una stretta di mano e due chiacchere di circostanza, poi, vedendo la mia pupilla dilatata, ci fa strada.

La cascina ha avuto tempi migliori, ruspe e draghe con fare minaccioso la sorvergliano impietose.

"Qua tra un mese buttiamo giù tutto, cosa si salva bene, se no via tutto dal rottamaio"

La solita ideologia del giorno d'oggi, che nulla salva e tutto distrugge.

Due scale e siamo nel buio della cantina.

Non troppo umida, penso con gioia.

Intanto, per non fare trasparire troppo l'emozione intravedo un vecchio attrezzo per fare il burro e chiedo se è in vendita.

Per la gioia della mia metà non solo lo è , ma ce lo regalerà.

Insieme alla bicicletta.

Quasi svengo per l'emozione.

Sono così entusiasta che per stavolta non picchierò questo generosissimo tipo che fa il cascamorto con la mia fidanzata.

Il momento giunge.

Da sotto un telo intravedo una gemma che manda fiochi bagliori,. reclamando attenzione.

"In vetro, anteguerra!"bisbiglio tra me e me.

I pedali sono quelli d'origine, marchiati Wolsit sui gommini quasi nuovi, così come i copertoni Pirelli Stella e le valvole anteguerra.
Bacchette esterne ancora nel nero d'origine.

Quando la coperta viene tolta, uno spettacolo superbo si para di fronte ai miei occhi.

Conservata magnifica, con i filetti dorati, il manubrio ancora ben cromato e addirittura i filetti blu sui cerchioni.

Colla luce del cellulare illumino il movimento centrale: 37!

Una stupenda signora di 71 anni, magnificamente conservata.

Il tipo, che intanto continua a fare il galletto vedendo il mio stato di semi-incoscienza mentale, mi aiuta a tirare giù la reliquia.

"Piano, senza fare sbattere i copertoni"

Manopole in osso, copri leve in osso, il parafango dietro ancora in tinta bianca, solo un poco scrostato.

Alla luce il mio entusiasmo è alle stelle.

"C'era anche un impianto luce carino, mi sembra fosse Radioso, Radiante, qualcosa così.L'ho montato da ragazzino sulla mia bici, ma l'ho buttata qualche giorno fa"

"Radius, magari anteguerra"bestemmio tra me e me.

Ecco una buona scusa per cartare a sangue quasto maledetto.

Carichiamo la reliquia sul bagagliaio. Con timore.

Un ultima stretta di mano, poi via, prima che ci ripensi!

"A che ora usciamo stasera?"

Addocchio il cerchione antreriore, attravero il vetro.

"Appena mi libero dalla ruggine dei cerchioni, amore".