martedì 4 ottobre 2011

L'arte di arrangiarsi.


Ci sono oggetti che devono viverci dentro, per avere un’identità.
A ben pensarci, ogni oggetto, per essere tale, deve essere definito in un
contesto e da una volontà.
Senza perderci nella filosofia, oggi contemplo queste reliquie italo tedesche
che ci giungono da un’epoca in cui salvare era obbligo, non virtù.
Guardo il canotto di questa bicicletta: è lo stesso che mi affascinò un
pomeriggio d’ozio speso a vagabondare in cerca di vecchie trappole.


Buttata lì, tra altre consorelle senza più alcuna apparente dignità, faceva
male a vedersi.
La polvere e la ruggine l’avevano ricoperta e lei non era più un mezzo di
trasporto: era mozzi con oliatore e una bella dinamo a cipolla anni 20.
Buffo come spesse volte non ci si renda conto di perdere il senso globale di
un uomo, di una cosa, e la si veda sotto certe lenti così spesse da farci
apparire come un Unico solo certi dettagli che la compongono.
Per me era un’Epoca, un modo di intendere la vita, una concezione persa.
Un bel telaio tedesco Durkopp con movimento serrato da un dado sulla sinistra,
tubi stretti a congiunzioni invisibili, manubrio roller ben nichelato.
Belle cose, ma certo.
Ma il canotto tranciato o storto in epoche passate era stato con maestria
sostituito da un altro ben saldato a ottone e brasato e limato di fino per
farci stare nuove chiocciole.
Il tutto guarnito da spessorame vario per dare un tocco di funzionalità alla
faccenda.
Dio come ho amato subito questa bici!
L’ho preferita ad altre di ben più nobile lignaggio dedicandole le migliori
ore della serata o gli ultimi calori pomeridiani di un settembre morente.
E mi ha ripagato, ogni volta.
Come ora, che dopo il primo giro mi par di sentire le anime di quegli
artigiani passati fondersi col rotolare delle gomme gonfie, ancora una volta,
lo stridore lieve del pattino sul cerchione.
Quell’aroma di cera d’api è vita sui ferri e sull’ottone che riluce come
millenni fa, quando eravamo uomini Faber e non Consumer.
Uomini intelligenti che se la sapevano cavare non solo con agevoli e un poco
vigliacche sostituzioni, ma con l’Arte di arrangiarsi e recuperare , di
risparmiare per necessità più che per mera soddisfazione.
In quest’epoca di consumismo sfrenato (ma ancora per poco , dico io), questa
bici vuole essere esempio di passione che va elegante a fondersi con la
necessità di un tempo lontano sempre più vicino.
Di momenti d’un Autentica arte che nulla spartisce con le rovinose possibilità
odierne.
Per fortuna o purtroppo.

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