giovedì 8 marzo 2012

Partigianissima: Maino Supersport 1941


Un giovane di nome Thierry mi scrisse anni fa.
Ritrovò la bici del nonno, partigiano, che era ferma in garage dal 1997.
Bici strana, tutta la freneria era interna.
Dalle foto capii subito che era di casa alessandrina, Maino.
Trovammo un accordo e la bici passò da Pordenone al Piemonte.
Lo stemma davanti però, era rovinato:
"Lo rigò il nonno, quando in tempo di guerra cercavano un partigiano su una Maino..e allora non pensò meglio che rendere irriconoscibile la scritta.."I parafanghi e il carter originali hanno lasciato il posto ad altre unità in ottone e acciaio, molto leggere e sportiveggianti.
Ancora la decalca sul tubo discendente, ancora il mozzo anteriore flangiato alluminio.
Modello supersport, forcellini sportivi dietro e alluminio qui e là, come sui tiranti dei freni, sui mozzi.
Manopole e manopolini in osso, un bel 1941 sulla ghiera del movimento centrale.
Pedivelle e pedali Maino originali a gommini bianchi.
La strada è buia? Un bel faro Lince con regolatore di fascio luminoso nel disotto, si sà mai.
Le salite son dure?
E allora un Simplex Campione del Mondo ci alleggerirà la fatica (poca, la bici è leggerissima).
Non una bici da catalogo, ma qualcosa ricco di storia e fascino.
Non bella come uscì dalla fabbrica, ma bella come gli anni ce l'han tramandata.
Da poco ho terminato il restauro della Impero Bianchi: bellissima, impeccabile, per carità.
Ma un carro armato al confronto: il doppio di peso, la metà di maneggevolezza.
Senza contare l'emozione della sua Storia.
Questa primavera la Bianchi non s'offenderà certo se saprò a chi preferirla.

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