mercoledì 19 dicembre 2012

La pioggia è gioia, 18.

Il sole si stagliava alto sul mare, mentre un calore forte veniva su dalle viuzze in pietra del borgo, frammisto alla fragranza degli intingoli che vecchie in nero preparavano tra i fumi delle cucine.
Un vociare allegro e rauco copriva i loro passi,mentre scendevano verso la Marina.
La Topolino aveva tribolato non poco per superare il valico del Tenda e gettarsi a perdifiato tra le mille curve della valle Roja.
Eroe era sceso una decina di volte a fare riposare il motore e controllare l'olio, raffreddando il radiatore con la fresca acqua del fiume.
Neta ogni volta scendeva con la sua grazia di  donna  e osservava avida ciò che la circondava, essendo lei uscita pochissimo dal paese e morendo dalla voglia di conoscere e imparare.
Con due occhi così aveva guardato il negoziante che le porgeva brioches calde e baguette , rispondendo un merssì stentatissmo ma orgoglioso.
Eroe rideva , come solo lui sapeva fare, rideva con serietà , sapete come quegli attori alla Cary Grant , che fanno di tutto ma senza mai ridere proprio e voi pensate a come faranno.
Quando furono nei pressi di Ventimiglia , dietro una curva, il Blu: per poco a Neta non venne un colpo, lei che non era mai andata oltre Tanaro, valevano diecimila lire gli occhi che fece.
"è un paciàs bello grande, se non si fa attenzione a mettere il piedino dentro, c'è il posto a lasciarci le piume.Sai nuotare?"
"Come un ferro da stiro.Tu?"
"Imparato in guerra, in una bialera.O nuotare o addio binocolo."
"Mi insegnerai?"
"Se avrai voglia."
"Voglio imparare tutto, tutto."
 Eroe amava quella donna sempre entusiasta, forte, decisa ma al tempo stesso  bambina di fronte alle cose nuove.
L'autunno cominciava a tingere di giallo qualche foglia del Viale quando decisero che due giorni al mare sarebbero stati una cosa giusta.
Parlare bisognava, decidere, pensare.
Le bocce servivano ferme e come piccolo viaggio di nozze intrapresero il viaggio.
"Ho un amico meccanico a Bordighera, sa anche i motori marini.Loro qui mangiano pane e Vespa, altro che noi.Solo a Bra girano cinque Saturno, figurarsi."
"Sembrano tutti ricchi qui."
"Ricchi lo sono ma tirati come una corda, verdi come l'erba.Più facile tirar fuori una bestemmia a un santo che un picchino a questi liguri."
L'amico si chiamava Cecco ed era un bravo meccanico davvero.
Eroe l'aveva conosciuto in caserma nel '42 e da allora si sentivano con cartoline e scambi di olio di oliva e vino per posta.
Mai gli era saltato il ticchio di impagliarsela al mare.
Ma la storia di Bernardo e una strettezza, proprio come una corda da impiccare, lo aveva preso al cuore in quei giorni e così decise la fuga, complice Neta.
"Ne hai messo di tempo, avevi paura che qui la guerra non fosse finita?"
" Davvero, fesso che son stato.Lo facevo sempre troppo lontano.A immaginarle soltanto , le cose, sembrano troppo grandi o troppo lontane."
"Ah ma fa della filosofia,il suo moroso.Graziosissima, e fortunatissima.Questo bell'uomo, glielo avrà raccontato, ha salvato ben più di una persona, in guerra.Lo sapeva?"
"Si, qualcosa..."
"E basta parlare di guerra.Pace ai popoli e ai morti ammazzati.Piuttosto, è mezz'ora che cammino e sento odore di mangiare: dico, qualcosa ce lo vorrai offrire o no?Ho quasi fuso un motore per venire a vedere il tuo bel muso!".
E dicendolo strizzava gli occhi e faceva facce a Neta, allegro.
"Bell'uomo, gli è mai passata la fame, e non solo quella"- e dicendolo squadrava Neta, malizioso- "Ma adesso facciamo un giro in piazza  e poi a casa Laura vi farà mangiare un pesto e un sarago mai visto.Voi, che l'unico pesce che mangiate è quello di Aprile, mangiacastagne !"
"Sfotti, sfotti, ma il vino che ti mando te lo slappi per bene in un sola golata, vecchio Rospo della buona serata."
I due amici procedevano a braccetto per il carrugio e Neta da dietro si accorse di molte cose che aveva sempre intuito o solo sentito dire.
Faceva strano vedere Andrea fare il malzioso con un altro uomo, più vecchio di lui, ma sapeva i due amici e i ricordi che li legavano, intensi.
Sentiva che quella era cosa giusta  per lui, e che quelle ore sarebbero venute buone anche a loro, dopo.
"Andate avanti voi, io scendo alla marina.Ormai ho preso gusto al mare.Ci vediamo dopo, ciao!"
I due amici scendevano dalle calli tortuose, ora chiare e ora scure per l'altezza e i poggioli a picco l'un vicino all'altro.
Fu quando furono vicini a una vecchia casermetta che sapeva di saraceno, tra due arrugginiti cannoni, che Cecco si sedette su di uno, per traverso, smettendo di colpo il sorriso.
"A me lo puoi dire.Abbiamo ammazzato, insieme.Cosa ti gira per quella testaccia?Chi è davvero questo Bernardo?"
"Mio figlio.Se ti dico."
"Sarà.Bella la tua Neta. Dovresti farle più complimenti, lo sai come sono le donne.O pensi ad altro?"
"Forse,non lo so.Anzi, ora che me lo dici, qualche pensiero, si.Vecchie cose."
"Ascolta uno che non sa leggere e scrivere ma sa un po' il mondo: evitare nostalgie, riderci sopra, bere.Passare avanti, senza voltarsi."
"Parli bene, tu.Sposato, nessun figlio, pochi problemi.Anche io ero come te fino a due mesi fa, un  poco triste ma nella legge.No, troppe cose son tornate a galla e  non posso e non devo lasciar perdere."
"Certo fregartene non puoi.Ma sei poi sicuro sia tuo figlio?Dico, potrebbe essere tutto un imbroglio."
"No, questo no.Sa delle cose che solo io e sua madre sapevamo.A lei penso.Chissà dove è, cosa fa, se è viva.Da troppi giorni penso a lei, troppi."
"Tu pensi troppo.Storie di prima della guerra, mille anni fa.Hai Neta, sei fortunato.Sposatela e fa figli.Questo Bernardo, sembra sveglio a cosa mi dici: apritevi un'officina, fatevi in gamba.Con la nostalgia il pane non si porta a casa."
"Voglio cercare la madre, è uscita come un fiore a primavera nel mio cuore.Io devo sapere di lei."
"Neta lo sa?Non è una bella cosa, si capisce."
"Si, cioè, no.Ma è in gamba, l'avrà capito.Forse non so nemmeno io quanto è in gamba quella donna."
"Per me sbagli, ma ti conosco.Se vuoi una cosa la fai.Solo, non spercare quello che hai.Davvero, certe cose le sento al volo, potresti farti del male.E ora torniamo a casa, ho una fame del diavolo."
"Anche io,quest'aria mette appetito davvero.Camperai cento anni, solo per cosa lavori."
"Qui non girano le palanche che avete voi, ne avete talmente troppe da farvi di certi problemi.Davvero, dovevi esserci nel 45 e 46 qui.Si mangiava un giono no e l'altro neppure.Fame che abbiam fatto, ma le feste diosanto, quelle non ce le leverà mai nessuno.Che giornate,ragazzo, che donne.Ora queste maledette guardie che facevano le imboscate doppiogiochiste fanno di nuovo bello e brutto tempo, che Dio le stramaledica.Uno si e uno no impiccarli dovevamo- e intanto sputava per terra- e dire a tutti cosa è la guerra, perchè qui quasi più nessuno sa che ci sia stata.Cinque anni fa ci ammazzavamo ancora e adesso potessero si mettono i tedeschi in  casa."
"Non roderti.Non ne vale.Lo sai come vanno le cose.Ma hai ragione, ce ne sarebbe alto cosi per tanti, troppi.Su , andiamo a mangiare.E zitto di queste cose con le donne, per favore.Sai com'è.Finta di niente, finchè si può.Ma sei bravo tu, eh?"
L'altro non disse nulla,e  prendendo la stradina che tirava su per il giardino di palme e aloe, si incamminò senza voltarsi.
A Eroe parve ancora di essere tra le colline di casa, quel '44 gelido, dove parlare faceva male e un freddo di coltellata era spesso l'unico amico nei camminamenti.
Una lacrima, di nostalgia, di rabbia, di amore, colò lungo la guancia, ma fu solo una, una sola e bastò per accendere un sorriso che sapeva di donna.
Facendo voce all'amico in due balzi lo raggiunse sulla strada che era  radici e sassi,  e presolo sotto braccio, prese a raccontare una storia allegra.
L'altro, vedendolo di buon umore, cambiò strada.
"C'è una casa che devi vedere..."
E scollinando tra le ginestre e le mimose salirono.



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