giovedì 22 marzo 2012
Gerbi Boasso: dalla ruggine con amore.
Giaceva senza speranze accatastata a un mucchio di ferraccio senza forme.
Spiccava il suo rosso, contro i lamierati di lavatrici e portoni.
Per tutti, era solo più un dieci chili di ferro da pesare e fondere.
Per me, una Bicicletta.
“Ma sei sicuro che la vuoi?”
“Sicuro.”
“Chissà di che marca era?”
“Marca Risu.” (Tradz.Marca Ruggine)
“Mai sentita.”
“Dalle mie parti ne girano, parecchie.” risposi serio, ma non troppo.
Caricatala con maggior cura del solito, non potei non notare carter e parafanghi sottili come carta velina e ormai prossimi alla rugginosa putrefazione.
Restò con me.
In un angolo.
Ogni tanto, mentre passavo, chiaccheravamo.
Lei, nel suo indolento e muto esistere, che mi raccontava di abbandono e bei tempi, mi comunicava ancora voglia di vivere, correre.
Fu una sera, alle 20,23 che la sentìì mormorare:
“Si fa!”
“Si fa!” risposi io.
La Impero e la Maino mi guardavano dall’alto della loro boriosa superiorità blasonata, giudicandomi pazzo, forsennato, innamorato.
Smontarla non fu facile: porto ancora i segni sulle dita delle trapanate violente, delle smolettate acide, ma necessarie.
Chissà chi avrebbe creduto tanto in te?
Chi avrebbe visto sotto quella coltre marrone ciò che io immaginai forte, sicuro?
I capelli e le narici ti respirarono, o meglio respirarono ciò che di te non poteva più restare e doveva scomparire.
Gli occhi ammiravano ammaliati quel Rosso che voleva tornare a rilucere, orgoglioso.
Una pedivella mi disse Gerbi, le decalche “Boasso, Baldichieri”.
Poco importa se tu nascesti dell’una o dell’altra casa: tu c’eri, e il tuo esistere tornava ad essere un vigoroso Essere.
Persi due sere sui pedali, tant’erano inchiodati.
Ora rullano sul rosolio, e questa è soddisfazione.
Mi son divertito insieme a te a ricostruire parafanghi, improvvisato battilastra e Ribattinatore.
Hai gioito nel vedere le coperture da ¾ tornare su quei cerchi spazzolati .
Ti godrai il portapacchi, che accoglierà una cassetta in legno e magari delle trappole per topi, o del cibo.
Come vorremo.
Ci siamo emozionati , quando montata la catena e il carter, alla prima pedivellata, solo lo scorrere dei rulli abbiamo udito.
Come mille anni fa, chissàdove, per chissàchi.
Torneremo a pedalare assieme, questo è certo.
Sulla tua sella in cuoio io, sui tuoi copertoncini, tu.
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martedì 13 marzo 2012
Et tout sera confus et nous serons une seule chose.
Fiore di campo
Di colore semplice
Eccelso il profumo..
Fiore tra i buii
Delle profonde vertigini
Morte in assordanti vuoti
Nella tua luce
(durò un istante, m’abbagliò)
S’annegano tutti i desideri, tutte le pene.
Fortuna fu scorgerti,
Gioia terribile fu coglierti,
Amarci.
(10-3-2012)
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giovedì 8 marzo 2012
Partigianissima: Maino Supersport 1941
Un giovane di nome Thierry mi scrisse anni fa.
Ritrovò la bici del nonno, partigiano, che era ferma in garage dal 1997.
Bici strana, tutta la freneria era interna.
Dalle foto capii subito che era di casa alessandrina, Maino.
Trovammo un accordo e la bici passò da Pordenone al Piemonte.
Lo stemma davanti però, era rovinato:
"Lo rigò il nonno, quando in tempo di guerra cercavano un partigiano su una Maino..e allora non pensò meglio che rendere irriconoscibile la scritta.."I parafanghi e il carter originali hanno lasciato il posto ad altre unità in ottone e acciaio, molto leggere e sportiveggianti.
Ancora la decalca sul tubo discendente, ancora il mozzo anteriore flangiato alluminio.
Modello supersport, forcellini sportivi dietro e alluminio qui e là, come sui tiranti dei freni, sui mozzi.
Manopole e manopolini in osso, un bel 1941 sulla ghiera del movimento centrale.
Pedivelle e pedali Maino originali a gommini bianchi.
La strada è buia? Un bel faro Lince con regolatore di fascio luminoso nel disotto, si sà mai.
Le salite son dure?
E allora un Simplex Campione del Mondo ci alleggerirà la fatica (poca, la bici è leggerissima).
Non una bici da catalogo, ma qualcosa ricco di storia e fascino.
Non bella come uscì dalla fabbrica, ma bella come gli anni ce l'han tramandata.
Da poco ho terminato il restauro della Impero Bianchi: bellissima, impeccabile, per carità.
Ma un carro armato al confronto: il doppio di peso, la metà di maneggevolezza.
Senza contare l'emozione della sua Storia.
Questa primavera la Bianchi non s'offenderà certo se saprò a chi preferirla.
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venerdì 2 marzo 2012
Formica rossa
Mi avessi avvisato,
(bastava poco, un cenno appena)
ti avrei ubriacata, ancora, tanto.
Merenda sarebbe stata
acciughe, aglio, olio
buone parole e allegria.
Vecchia formica rossa,
davanti a un fuoco di legna,
a lungo avremmo parlato.
Dalla tua voce
(insolente, canzonatoria, viva)
molte buone cose avrei udito.
Vecchi è bello diventarlo,
non esserlo,
sentenziavi triste.
La notte te l'ha portata,
la barottata secca
così desiderata.
Allegra formica rossa,
stavolta nella baratta,
non c'è chi si gratta.
(in Memoria di un'amica)
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