"Quando attraverserà
l'ultimo vecchio ponte
ai suicidi dirà
baciandoli alla fronte
venite in paradiso
là dove vado anche io
perchè non c'è l'inferno
nel mondo del buon dio"
(F.de Andrè)
La bici.
Negli anni '40 a Bra, se volevi una bici potevi andare da "Gesot" e fartene fare una su misura senza spendere un'esagerazione.
Questa è una.
Il telaio è di una vecchia balloncina da 26 con serie sterzo tipo gloria e cerchi ballon da 26.
Il mozzo posteriore è un contropedale Torpedo, ancora molto efficace.
Il manubrio è un Ambrosio in ferro , piega Torino, con leva e freno bowden anteriore per una frenata più rapida e sicura.
Guarnitura anonima con disegno tipo gloria e pedali a 6 gommini con catarifrangente aggiunto.
Mozzo anteriore DEA con oliatore a elmo , anni 20.
Notare su entrambi i mozzi le corde in vero cuoio braidese dell'epoca.
Impianto luce Tegif e sebac Astor II al posteriore.
Questa la bici.
Vediamo ora:
L'uomo.
Era un capostazione di Bra, uomo alto e forte.
Si era fatto fare la bici da Gesot su sua specifica.
Voleva un bel contropedale , per frenare anche con la giacca in mano .
Ci teneva e come tutti i Braidesi era giusto nei soldi.
Cosi giusto da non cambiare il supporto della dinamo rotto, ma di farselo saldare alla bisogna da uno dei mille fabbri di Bra.
Abitava in una casa sulla collina con annesso ciabot e crutin, vanto di tutti i Braidesi .
"Bra?ah quel paese che tutti hanno la vigna" diceva il re Vittorio emanuele III.
Bel lavoro, bella famiglia, bella bici dico io.
Ma qualcosa non quadrava.
Sempre quella tristezza alla sera, e poi al mattino e poi tutto il giorno e sempre.
La mancanza di qualcosa.
Il troppo di tutto.
Impossibile sorridere, troppo facile piangere.
E allora quelle gite in bici e i treni e i figli e la moglie e la vita sono di troppo, e bisogna farla finita e senza fare troppo strepito.
Ma non si può.
Allora pazienza.
Qualcuno mi troverà e capirà che ero io, e che non potevo più, e che quella corda la guardavo già da tempo.
E scusatemi se avrete un brutto quarto d'ora vedendomi appeso e vi passerà l'appetito per giorni.
La vita è una bella cosa dicono, ma ci va del coraggio per andare avanti, e, infine, ancor più per lasciare tutto, in quei cinque minuti senza ossigeno che il gesto richiede.
( In ricordo del primo e unico proprietario di questa cicli Chiesa -Bra).
lunedì 18 agosto 2014
sabato 9 agosto 2014
La pioggia è gioia (19)
La rivide appena tornato.
Erano degli anni che non lo incrociava più.
Sempre la stessa faccia, quel volto di chi ha perso tutto e non risalirà mai la china.
Quando furono dalla pesa, si fermarono.
Tutti e due.
Senza parlare.
Brigida era una donna grande e forte e non avrebbe dimostrato più dei suoi cinquanta anni, se la guerra non l'avesse rapinata.
Abitava col marito e i suoi sette figli oltreferrovia , e si vedeva poco nelle vie centrali, avendo il marito e i figli da accomodare ogni santo giorno.
"Sembra ieri."
"Dillo a me, dillo.Me lo vedo tutti i giorni.Con quella lingua fuori, povero figlio.bastardi porci, all'inferno loro e tutti."
"Potevo fare niente.Solo uscire e morire con lui.Sarebbe servito?"
"No.Però eravate della leva e scusami se te lo dico, ma quando ti vedo mi monta una rabbia.Chissà come sarebbe adesso."
Eroe non aveva parole, solo una lacrima da offrirle , e lei la vide e vedendolo fermo gliela accarezzò quella lacrima, come fosse suo figlio Onorino lì presente a guardarla e a non dir nulla, chiedendo scusa di non averla accompagnata per quegli anni.
Era ancora dietro a quei cespugli Eroe, e non si muoveva da 6 anni.
Quel ragazzo aveva il volto di un bambino e la sincerità d'un uomo.
Da troppo poco era stato inserito per fare certi gesti ma aveva fegato e aveva colpito il comandante per quel suo sguardo e la risposta pronta e quel giorno nei boschi si doveva bloccare un dieci quindici tedeschi .
Più si era meglio era.
Andò bene fino alla rocca, dove poco prima era stato falciato l'eremita delle rocche.
Quando cominciarono a vederli scendere, erano dieci.
Seguiti da altrettanti e altrettanti.
Troppi.
Eroe e il comandante si lanciarono un'occhiata come a dire Diocristo, siamo tutti morti.
A uno dei militi partì un colpo e allora gli ultimi, che erano ancora sottocosta, pensarono che la battaglia fosse già nel buono e si lanciarono.
Fu in quel momento che Eroe lo vide ancora, e lo vide libero e per l'ultima volta.
In un attimo lui e Sten furono circondati e fu un caso che non venissero trucidati subito.
Il comandante crucco impartì quelli che erano ordini severissimi e nemmeno fecero a tempo a perlustrare che in cinque minuti erano già giù dalla rocca.
Eroe non capì mai quella cosa, ma se era vivo lo doveva anche a quegli ordini e a quella fretta generata dall'irruzione di Onorino e Sten.
Sten lo stordirono ,Onorino gettò il fucile e alzò le mani.
Il comandante, che aveva pochi anni più di lui, biondo come e più di lui, se lo vide venire davanti con una fierezza che sapevano avere in pochi a quell'età.
Si guardarono negli occhi, con coraggio.
"Se mi deve far fuori faccia pure, il mio dovere l'ho fatto."
"Gut, gut, ragazzo in gamba, bravo"
Poi lo presero e lo portarono in città.
Per due giorni nessuno ne seppe nulla e solo la madre lo vide dall'inferriata della caserma, magro e pallido.
Forse li scambiavano, i compagni avevano mandato dei messaggi.
Fu un 2 Agosto che il comando decise di trasferirli a Torino e partirono con camion e moto e prigionieri a piedi legati quasi trascinati.
Brigida, in silenzio , lo accompagnò dal ciglio sfidando le ire dei tedeschi e del marito, quasi presagendo la farsa.
Faceva un caldo del diavolo e tutti sudavano come bestie, meno i tedeschi imperterriti nelle loro divise cachi e teschi.
Quando ebbero fatto lo stradone che da Bra porta a Sommariva, di colpo davanti ai giardini della stazione il biondo comandante fermò il corteo.
I giardini erano freschi e belli, e sulle panche sedevano vecchi a ricrearsi dal gran soffoco.
Di colpo, si alzarono spaventati e rientrarono.
In un angolo d'ombra, con secchi ordini in tedesco impartì l'esecuzione.
Una corda fu gettata su un albero, e nel vederla impallidì più la madre che il ragazzo.
Ora malediceva tutti, cercava anche lei la morte,chiedeva di essere uccisa al posto suo.
Cinque minuti e tutti e due pendevano a lingua fuori, gli occhi sbarrati che uscivano dalle orbite.
Ancora oggi Brigida si chiede come possa morire così in fretta un uomo, un figlio che ci hai messo 17 anni a crescere e in due minuti te lo vedi penzolare da un tiglio per ordine di uno come lui, solo, più malvagio e d'altra nazione.
Per tre giorni furono piantonati , dovevano fare da esempio, e finchè ci furono i militi nessuno potè staccare il povero giovane , con gli occhi e la lingua fuori e più nulla del fiero uomo che era stato.
"Abbiamo provato tutto, tutto.Cosa ne parliamo a fare?"
"Potevate provare a non metterlo in mezzo, vigliacchi.Lo so che eravate nascosti, l'Eroe quella volta dove era?Solo quando hanno messo la pietra a ricordo siete usciti.bella gente di partigiani.Ma nascondetevi, pieni di zuppa."
E dopo averlo guardato con disprezzo, si rimise il faldone d'erba sulle spalle e non gli lasciò replica.
Ora si che si sentiva fregato.
Fottuto proprio.
Non rimpiangeva nulla e sapeva che quella volta uscire sarebbe stato morire.
Ora, restava solo dare un senso a quel sopravvivere , a quel sacrificio che aveva fatto perchè lui fosse lì, vivo e in salute, in quel maledetto 950.
Guardando Brigida attraversare la ferrata, alta e rigida nei suoi 50 anni, Eroe non potè non pensare a quanto bastarda sia la vita, a come sia ingiusta e misteriosa.
Da lontano, qualcuno lo stava chiamando.
Erano degli anni che non lo incrociava più.
Sempre la stessa faccia, quel volto di chi ha perso tutto e non risalirà mai la china.
Quando furono dalla pesa, si fermarono.
Tutti e due.
Senza parlare.
Brigida era una donna grande e forte e non avrebbe dimostrato più dei suoi cinquanta anni, se la guerra non l'avesse rapinata.
Abitava col marito e i suoi sette figli oltreferrovia , e si vedeva poco nelle vie centrali, avendo il marito e i figli da accomodare ogni santo giorno.
"Sembra ieri."
"Dillo a me, dillo.Me lo vedo tutti i giorni.Con quella lingua fuori, povero figlio.bastardi porci, all'inferno loro e tutti."
"Potevo fare niente.Solo uscire e morire con lui.Sarebbe servito?"
"No.Però eravate della leva e scusami se te lo dico, ma quando ti vedo mi monta una rabbia.Chissà come sarebbe adesso."
Eroe non aveva parole, solo una lacrima da offrirle , e lei la vide e vedendolo fermo gliela accarezzò quella lacrima, come fosse suo figlio Onorino lì presente a guardarla e a non dir nulla, chiedendo scusa di non averla accompagnata per quegli anni.
Era ancora dietro a quei cespugli Eroe, e non si muoveva da 6 anni.
Quel ragazzo aveva il volto di un bambino e la sincerità d'un uomo.
Da troppo poco era stato inserito per fare certi gesti ma aveva fegato e aveva colpito il comandante per quel suo sguardo e la risposta pronta e quel giorno nei boschi si doveva bloccare un dieci quindici tedeschi .
Più si era meglio era.
Andò bene fino alla rocca, dove poco prima era stato falciato l'eremita delle rocche.
Quando cominciarono a vederli scendere, erano dieci.
Seguiti da altrettanti e altrettanti.
Troppi.
Eroe e il comandante si lanciarono un'occhiata come a dire Diocristo, siamo tutti morti.
A uno dei militi partì un colpo e allora gli ultimi, che erano ancora sottocosta, pensarono che la battaglia fosse già nel buono e si lanciarono.
Fu in quel momento che Eroe lo vide ancora, e lo vide libero e per l'ultima volta.
In un attimo lui e Sten furono circondati e fu un caso che non venissero trucidati subito.
Il comandante crucco impartì quelli che erano ordini severissimi e nemmeno fecero a tempo a perlustrare che in cinque minuti erano già giù dalla rocca.
Eroe non capì mai quella cosa, ma se era vivo lo doveva anche a quegli ordini e a quella fretta generata dall'irruzione di Onorino e Sten.
Sten lo stordirono ,Onorino gettò il fucile e alzò le mani.
Il comandante, che aveva pochi anni più di lui, biondo come e più di lui, se lo vide venire davanti con una fierezza che sapevano avere in pochi a quell'età.
Si guardarono negli occhi, con coraggio.
"Se mi deve far fuori faccia pure, il mio dovere l'ho fatto."
"Gut, gut, ragazzo in gamba, bravo"
Poi lo presero e lo portarono in città.
Per due giorni nessuno ne seppe nulla e solo la madre lo vide dall'inferriata della caserma, magro e pallido.
Forse li scambiavano, i compagni avevano mandato dei messaggi.
Fu un 2 Agosto che il comando decise di trasferirli a Torino e partirono con camion e moto e prigionieri a piedi legati quasi trascinati.
Brigida, in silenzio , lo accompagnò dal ciglio sfidando le ire dei tedeschi e del marito, quasi presagendo la farsa.
Faceva un caldo del diavolo e tutti sudavano come bestie, meno i tedeschi imperterriti nelle loro divise cachi e teschi.
Quando ebbero fatto lo stradone che da Bra porta a Sommariva, di colpo davanti ai giardini della stazione il biondo comandante fermò il corteo.
I giardini erano freschi e belli, e sulle panche sedevano vecchi a ricrearsi dal gran soffoco.
Di colpo, si alzarono spaventati e rientrarono.
In un angolo d'ombra, con secchi ordini in tedesco impartì l'esecuzione.
Una corda fu gettata su un albero, e nel vederla impallidì più la madre che il ragazzo.
Ora malediceva tutti, cercava anche lei la morte,chiedeva di essere uccisa al posto suo.
Cinque minuti e tutti e due pendevano a lingua fuori, gli occhi sbarrati che uscivano dalle orbite.
Ancora oggi Brigida si chiede come possa morire così in fretta un uomo, un figlio che ci hai messo 17 anni a crescere e in due minuti te lo vedi penzolare da un tiglio per ordine di uno come lui, solo, più malvagio e d'altra nazione.
Per tre giorni furono piantonati , dovevano fare da esempio, e finchè ci furono i militi nessuno potè staccare il povero giovane , con gli occhi e la lingua fuori e più nulla del fiero uomo che era stato.
"Abbiamo provato tutto, tutto.Cosa ne parliamo a fare?"
"Potevate provare a non metterlo in mezzo, vigliacchi.Lo so che eravate nascosti, l'Eroe quella volta dove era?Solo quando hanno messo la pietra a ricordo siete usciti.bella gente di partigiani.Ma nascondetevi, pieni di zuppa."
E dopo averlo guardato con disprezzo, si rimise il faldone d'erba sulle spalle e non gli lasciò replica.
Ora si che si sentiva fregato.
Fottuto proprio.
Non rimpiangeva nulla e sapeva che quella volta uscire sarebbe stato morire.
Ora, restava solo dare un senso a quel sopravvivere , a quel sacrificio che aveva fatto perchè lui fosse lì, vivo e in salute, in quel maledetto 950.
Guardando Brigida attraversare la ferrata, alta e rigida nei suoi 50 anni, Eroe non potè non pensare a quanto bastarda sia la vita, a come sia ingiusta e misteriosa.
Da lontano, qualcuno lo stava chiamando.
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