sabato 22 novembre 2014

Bianchi Sabina 1934, un'anima persa

Sabina giunse anni fa in seguito ad uno scambio.
Era lustra, bella, fin troppo.
Ai miei occhi non saltarono all'occhio i parafanghi e il carter anni 50.
Il resto c'era.
Riverniciato, ma c'era.
Passano gli anni, alcuni cadaveri donano gli organi fondamentali e..voilà.
Un'anima persa si è ritrovata.


Bella come può esserlo una signorina di 80 anni.
Con dettagli gustosi, come il piccolo oliatore marcato Bianchi.


Forse più affascinante di allora ( gli anni donano al viso un'aura che solo i vecchi sanno).
I suoi copertoni ballonetto scorrono come allora su mozzi Bianchi a ingrassatore, scritta corsiva.
I pedali sono sempre i suoi, dei trombetta  Bianchi  che saran meno gustosi del gradevole ortaggio, ma scorrono bene assai ed è un piacere calcarli.

Qualche accessorio, un vezzo gradito.
Il fanalone Bosch spara che è un piacere, e la dinamo, Bosch anche essa, riesce ad accendere voglie anche al fanalino incorporato nel lucchetto retrostante.


Cavalletto Trionfo torino, in zama.

Il manubrio pare fatto ieri e anche il bel patacchino smaltato tipico delle Bianchi lusso di quegli anni, Dio sia Lodato, è al suo posto.


Il carter mi fece tribulare non poco, quel disco a doppio giro di cromo era una favola così bella quanto rara, ma anche lui è voluto esser presente alla rimpatriata.

Una Langa  di mezzo sole, una mezza salita.



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Una visita  al camposanto poco sopra, un saluto  alle mie origini.
Pare a suo agio nel brecciolino in mezzo alle tombe.
Per decenni l'anima ha vagabondato, spersa.
La luce di questo giorno, la ritrova più bella e più degna, pronta alla sfida del secolo che si avvia.



Semper adamas,  Sabina!



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