lunedì 30 novembre 2009

Nosografia


Un fugace scambio di battute sul post precedente , mi porta a riflettere ancora una volta sul perchè del collezionismo, in questo caso di biciclette.
L'amico mi diceva di collezionisti con bici e bici ammassate su cui nessuno probabilmente metterà le mani.
Io sono tra questi, anche se sulle mie, le mani, le ho messe.
Su tutte.
E ce le metterò, in futuro.
E le userò.
E troveranno degna locazione, forse museale, se la vita me lo concederà.
Concordo appieno sul concetto di patologia: c'è del malato, nosograficamente parlando, nel raccogliere con una certa ostinazione e sistematicità, oggetti che differiscono tra loro per minime variazioni.
Di bici, in teoria ne basta una.
Al massimo due, se anche la moglie viene con noi.
Io mi trovo ad averne quasi 200.
Oltre a quasi altrettante motociclette.
Scrissi qualche tempo fa la mia considerazione esistenzialista sulla faccenda (è il mio credo).
Oggi posso aggiungere, oltre a ciò, la questione didattica.
Per me un oggetto, oltre all'indubbio lato pratico, rappresenta una forma di investimento didattico .
Quando iniziai a raccogliere bici, non sapevo alla perfezione ciò che raccoglievo, ma lo mettevo da parte, in attesa di documentazione, o altri modelli per raffronto.
Avendo ora di alcuni modelli la collezione completa, posso riflettere sulla storia di una Casa, le modifiche a cui son state sottoposte nel tempo.
Questo è ciò che io chiamo cultura.
Se poi tutto ciò si può trasformare in un investimento di moneta, tanto meglio!
è quando vale solo l'ultima cosa che il collezionare perde importanza.
La mia smania la definirei quindi in senso lato possessiva: bramo possedere cultura, condividerla(le foto su flikr, questi post..).
Condivido la necessità di manutenzione , mai detto il contrario.
Ma lavorando da mane a sera su questioni altre che riguardano l'umana sfera , trovo appena il tempo per l'ordinaria manutenzione, che comunque mi porta alla fine a poter utilizzare tutte le mie creaturine , con una certa sicurezza.
Verissimo, la ruggine va combattuta, sempre.
Anche se io la vivo maggiormente come un plusvalore, quando minima, che il tempo e la Storia hanno posato perchè quell'oggetto ci dicesse: io ho vissuto.
E che in taluni casi trovo delittuoso distruggere a suon di sabbiature, ferox, vernici e chi più ne ha più ne metta.
Ma qui la parola si perda, e faccia luogo a un salutare suon di spazzola e stridor di viti...

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Assolutamente daccordo su tutta la linea. A rischio di sembrare uggioso, mi permetto solo raccomandare di stare accorti a non oltrepassare il confine per entrare nella zona d'ombra.

In bocca al lupo Andrea ciclobacchetta !

paracorto

Dr.Galeasso ha detto...

Tutta la vita è un continuo vai e vieni tra zone di sole e zone d'ombra, e lo dice uno psicoterapeuta che lavora con famiglie e uomini per tutto il giorno.
L'esagerazione è sempre da evitare, ma siamo uomini, non macchine..
A risentirci e magari vederci, paracorto!
andre

Anonimo ha detto...

Buongiorno, scrivo un commento a questo post per chiederle in realtà un'informazione.
Ho visto sul suo album su Flickr una bicicletta da donna «Varese», sottomarca della Ganna, del 1935. Io ho iniziato il restauro di una bici di cui non so con certezza la marca (ho sempre pensato a una Ganna per via del portafanale), ma che ha alcuni particolari, ad esempio il carter, secondo me identici a quella nella sua foto. Si tratta di un modello da uomo, ruote da 28, con il solo freno contropedale Torpedo. Il perno centrale è datato 31, il mozzo 33. Ha per caso altre immagini/informazioni su questa sottomarca? Posso chiederle un aiuto sul riconoscimento, inviandole alcune foto? Grazie e buona giornata

Davide

Dr.Galeasso ha detto...

ma certo mi invii pure le foto a a.galeasso@libero it, sarò lieto di aiutarla in qualche modo!
saluti andrea