sabato 26 maggio 2012

La pioggia è : gioia .(17)


D'impeto sentì nascere qualcosa da quel vuoto che lo attanagliava da giorni .
Non era allegria, nemmeno speranza.
Percepiva nette delle emozioni che  non ricordava di avere mai provato prima in vita sua.
Tutto ora gli appariva estraneo, di troppo.
Poichè era domenica e sul serio il vociare che veniva dalla piazza lo turbava oltremodo, decise di prendere la strada dei boschi, una volta ancora.
Inforcata la bici, si avviò deciso verso la salita dell'America , ben sapendo cosa andava fatto.
Nubi nerissime si addensavano su quelle colline, e turbini di vento, a folate, spostavano a onde le foglie dei platani del Viale.
La polvere cominciava ad alzarsi a  cerchi concentrici tra le piante mentre madri spingevano i figli in casa, per carità non una polmonite doppia, in questa stagione poi.
Serissimo in volto, sentiva qualcosa di allegro ballargli dentro, come una pietra. Non come sotto le coperte con Neta , non come un lavoro ben fatto.
Qualcosa di nuovo gli girava dentro, liscio e tondo come un fianco .
Tra arie che sapevano d'inverno e solitudini boschive , appoggiò la bici e si inerpicò per il sentierino. Mai come quella volta sentì vivo il desiderio di solitudine, di piangere, di capirsi bene dentro, di vuotare la bottiglia.
Troppe cose lo avevano fatto quello che era ora, nel bene e nel male, forgiandolo indurendolo, impermeabilizzandolo.

"Se tu davvero vuoi essere mio padre, comincia ad accettare che lo sei davvero, e non per d'avviso.Io non mi vergogno di te, ma tu?Pensaci."

Bernardo lo aveva inchiodato al muro, la sera dopo la gara, quando tutto pareva sistemato e la gioia regnava sovrana.
Perchè ci sarebbero voluti anni per accettarsi, capirsi, riscriversi dentro gli anni passati ad essere padre e figlio senza sapere l'uno dell'altro.
Se padre doveva essere, doveva prima morire quel figlio arrabbiato, quell'uomo in collera con le ingiustizie del mondo , con se stesso per primo. Aveva ragione quel biondino di 14 anni: lui poteva ben dirsi figlio, sarebbe però stato lui padre?
Non bastava aver amato una donna e saperla ora morta sotto i bombardamenti, troppi anni fa.
Non bastava sapere quel ragazzo simile a lui e esserne orgogliosi per mestiere e per il suo buon guidare. Qualcosa di più profondo sarebbe dovuto uscire e lo avrebbe costretto a mettersi in confronto con tutto e tutti, prima di tutto con lui, con gli anni spesi e le malinconie trascorse.
Intanto le nubi si infittivano, pure una nebbiolina  calava ora tra i rami.
Giunto alla sommità della collina, stanco, sfiancato, si aggrappò ad un albero, un castagno enorme. Fu in quel momento che un boato spaventoso esplose in tutto il suo fragore tra lo strano buio mattutino , come un urlo liberatorio che da tempo attendeva di vociare.
Rispose a quell'urlo, Eroe, rispose dopo anni e anni di attesa rabbiosa, di silenzi tormentati e tormentanti che reclamavano ora tutto lo spazio necessario, e pianse , con rabbia proprio e gioia, e pianse mentre sopra di lui il cielo inondava la valle con una pioggia attesa da troppo e insieme piangevano e un liberato fiume sgorgava da entrambi, all'unisono.
Pianse come non gli era mai accaduto, come mai si era sognato fosse possibile piangere, e davvero avrebbe voluto che i suoi genitori, suo padre soprattutto, vedesse quelle lacrime fuoriuscire dagli occhi che tutti sapevano sempre seri, perchè cose serie avevano veduto e fatto, troppo presto, senza sfoghi, senza rancori.
Sapeva che la vita era una sola, che non c'era ritorno, che occorre accettare  e ciò che gli eventi ci hanno portato come destino, tutto questo era da sapere,da ricordare sempre e portare con sè,con orgoglio.
Bagnato come un pulcino, abbracciava quell'albero e riuscì a percepirne la linfa, le foglie che si rinvigorivano dopo la stagione secca e domandavano acqua, ancora una volta.
Quell'acqua tanto odiata, attesa, maledetta, necessaria, ora lo ricopriva totalmente e lavava via i suoi mali pensieri, tutte le sporche malefatte di cui si sentiva partecipe, e sentendola scorrere via e di nuovo ricoprire , rise, come mai aveva riso e sentì, bene lo sentì, che quella pioggia era gioia , e la gioia lo avrebbe accompagnato per molto tempo, sapendola lui accettare.
Tutto era giunto a lui come disegno prefigurato e non la religione nè prete lo avrebbero dissuaso o convinto con sermoni più di quello che ora quella pioggia gli diceva, benevola e amica.
L'acqua delle lacrime si confondeva con quella caduta dal cielo, e bagnava il terreno attorno a lui con la medesima misericordia: l'albero gliene era grato. Tutto girava attorno, e non seppe mai se fossero trascorsi minuti od ore. Quando se ne riebbe il temporale era passato e un sole pallido baluginava tra le nubi.
Per molti minuti non riuscì a staccarsi da quel tronco, infreddolito ma felice.

1 commento:

Anonimo ha detto...

....non c'è bisogno che ti ripeta i complimenti..... i tuoi scritti muovono emozioni...

Franck