Cominciò a lavorarmi che ci eravamo appena salutati, con quei suoi occhi intriganti e da gatta.
E io me la bevevo con gli occhi, povero fesso.
Non ci mise un granchè a stupirmi col suo turbinare di sorrisi, il suo tempestare di domande e domandine più o meno insolenti, sempre divertenti.
In poche parole mi ritrovai innamorato e inoffensivo a passeggiare sotto la pioggia.
A bere vino scurissimo nei boschi, circondato da candele e a godere della fine del giorno, della notte complice che ci avvolse come un abito nuovo, confondendoci tra le fronde dei castagni.
E per lei arrivai a dire e fare cose infattibili e indicibili.
La amai, fortemente la amai.
Un terrore terribile m'avrebbe avviluppato se fosse scappata.
Fesso.
E fottuto, tanto anche.
Ora che il suo capriccio è passato, ora che è rientrata dalla deviazione della sua Autostrada, nulla resta.
Se non io, paracarro ussaro a quel chilometro che fummo noi, per cinque minuti.
1 commento:
I fatti dimostrarono la verità.
Perchè non fu semplice capriccio.
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