Ti risveglio dopo un sonno di quasi 50 anni.
Non ti ha donato molto tutto questo riposare, ruggine, ruggine, ruggine.
Eppure hai un fascino che non so spiegare, mi colpisci come una bella ragazza e non so stare senza guardarti, mentre il tuo padrone spiega e spiega per carpirmi quell’obolo in più.
Che pago senza fiatare perché sono estasiato dalla sella, dalle cuciture, da copertoni come non se ne vedono più da mille anni e non ho il coraggio di togliere quella polvere che ti avvolge come un’impermeabile.
Tu sei il simbolo di anni passati, mi sembra un delitto addirittura rimuovere quella patina per avere conferma della tua origine: Rola, torino.
Dovevo ben immaginarlo, penso strizzandoti gli occhi: quel giroruota posteriore, quel mozzo, quei dadi…mi avevi ben abbagliato là sotto.
Passo davanti a te, nel mio garagino: penso , è giusto smontarti, restaurarti?
Perderai qualcosa, lo so già.
Come quei due amici matti come me per la ruggine che hanno una bici da corsa nel tuo stato, e non la restaurano e fanno bene, perché quello è il fascino.
Correnti di pensiero.
Forse un giorno vorrò smontarti, capirò che vuoi correre, che sei triste messa così.
Per ora ti godo con le rughe del tempo, con i segni che dicono che tu sei una bici davvero vecchia ( anziana, pardon) .
Queste, a mio avviso, sono le Vere bici d’epoca, queste quelle che ricordo da bambino circolare con gli anziani ai mercati della frutta.
Quelle gemme, quella ruggine, quei fanali enormi e dinamo ottonate vecchissime.
Le bici che circolavano per davvero e potevi incontrare a qualsiasi angolo, ai Bar.
Forse sei solo la proiezione di un ricordo, una rievocatrice di pensieri.
Forse pensi che son matto, che dovrei smontare sabbiare riverniciare e correre.
Magari più avanti, senza fretta.
Nessun commento:
Posta un commento