martedì 31 gennaio 2012
La pioggia è gioia, 16.
I raggi di un sole ancora molto forte spezzavano la coltre di nubi di quella domenica, quasi a favorire la corsa che ci sarebbe stata di lì a poco.
Il Circuito "M.Chiappella" si snodava per le colline intorno a Bra, disperdendosi giù nella piana per poi risalire secco dalla Montà degli Orti.
Almeno due tre volte l'anno si organizzavano gare ciclistiche per dilettanti e una corsa in moto, e per quella domenica era prevista la presenza di Carlin Ubbiali e qualcuno diceva anche Masetti .
A Eroe poco importava dei grandi nomi per i quali non avrebbe dormito sino a poco tempo fa, importava invece di Piera e di cosa avrebbe detto.
Non vedeva i grossi camion delle Case scaricare un bendidio di moto e i primi rombi secchi crepitare sotto i platani della stazione.
Di sicuro ci sarebbe stato da piangere, molto, e magari urlare.
Meglio quindi un posto isolato, forse appena dopo la prima curva della salita.
Ancora non aveva visto Bernardo, di sicuro era attorno a qualche motore bialbero cercando di carpirne i segreti , oppure era a chiaccherare con un meccanico bravo, di quelli che studiava sulle riviste, essendo lui abbonato al giornale Motociclismo che teneva come una Bibbia.
Passeggiando tra i tigli se la vide camminare davanti, bella come un mattino d'estate e slanciata come una sirena.
Avrebbe capito, sicuro.
Solo, dirglielo.
Come fosse facile confessare alla ragazza che conoscete da poco sai ho un bambino, no anzi un ragazzo di 14 anni, l'ho scoperto da poco, ma va bene lo stesso, è la vita.
No, quella sarebbe stata cosa grossa, e il posto giusto ci andava, senza troppa gente attorno e le parole da dosare come tirare i raggi a un cerchione, o mescolare l'olio alla miscela, guai sbagliare.
Decisero di camminare fino alla curva grande della salita degli Orti, là avrebbero dominato la Piana e dietro agli alberi avrebbero potuto parlare con calma.
Urlare, piangere, se fosse servito.
Si incamminarono.
Eroe era un po' preoccupato, non aveva scorto Bernardo.
Dalla piazza veniva il rombo secco dei motori, e il borbottare dei micromotori.
Arrivarono alla curva che erano appena partiti, Eroe lo udì dall'altoparlante dei Giardini, come un sogno.
"E allora?Che succede?Si potrà sapere??"
"Cosa lunga, difficile."
"Son qua.Siam tutti qua ad ascoltarti.Ti rendi conto che da qualche giorno non parli a nessuno?Tua madre mi ha cercata l'altra sera."
"Mia madre.Fessa anche lei."
"Non dire così.Ti vuole bene.Lei è sempre tua madre."
"Non so da che parte cominciare.Ma devo farlo.Dunque..."
"Eh ma che baccano."
"Sono quei motorini del cavolo..mettiamoci più in là.."
Dalla curva dietro le siepi un bolide rosso passò sfrecciando in derapata, pilota con occhialoni.
Eroe lo vide di sfuggita e d'un tratto un brivido lo percorse tutto.
Fu orgoglio, paura, rabbia, invidia.
Per quel che avrebbe voluto essere, per il bene che sentiva improvviso, per un passato che non voleva perdere di nuovo.
"Bastardo di un bastardo figlio del..Quel ragazzo mi vuole uccidere.Ecco perchè non lo vedevo."
"Ma chi è?"
"Mio figlio."
Seppe d'un tratto quel che provò suo padre anni fa, quando lui era in guerra e solo con gli occhi stava a dirgli, attento diocristo, ho solo te, ma questa è la vita ed è tua, ma attento, questa vita io ti ho dato e non più un'altra.
Questo e molte altre cose, non belle, ma sue soltanto , gli vennero alla gola , e piangendo e parlando volle dirlo.
"Tu sei folle.Folle nel cervello."
Piangeva ora , mentre le nubi in cielo si addensavano ancora più minacciose e tutto pareva vorticare intorno a lui.
La gara procedeva serrata, e Bernardo conduceva di netto col suo Motom ben elaborato, e nemmeno gli Alpino e i Cucciolo ufficiali potevano competere.
I due stavano uno in fronte all'altro, con le lacrime di Eroe che non potevano uscire, solo una smorfia, dolore, orgoglio, senso di liberazione.
"Me ne vado."
"No, aspetta.Io ti voglio bene.Conterà qualcosa."
"Non so cosa farmene del bene d'un matto.Cercatene un'altra."
"Almeno fammi spiegare.Cosa ne posso."
"Ah di sicuro qualcuno ne può.Cos'è questa storia."
"La so da poco.Anche a me sembra un sogno.Ma è vero.Bernardo è mio figlio."
"Cosa cerchi da me?Non ti ho dato abbastanza?Hai solo più da prenderti la mia vita."
"Possibile?Possibile che sia propio tu, la ragazza che mi ha salvato quella notte e ora mi lascia solo come un cane con questo fardello?è questo volersi bene?"
"è troppo grossa, Andrea.Troppo.dammi almeno il tempo.Poi ci sono tante cose, ad esempio chi è la madre?"
"Storia vecchia, di prima della guerra.Nemmeno lui l'ha mai vista."
"Ma non abita con delle zie?"
"Appunto.Oh Piera, Cristo, in che storia ti ho messo.Perdonami."
"La colpa è mia.Se non c'è qualcuno da salvare non va bene.Sempre così è andata."
"Io non sono da salvare."
"Tu lo dici.Potessi vederti la faccia che hai,vale un biglietto da mille."
"Fesserie.Sto male, e allora?Poi non so nulla della storia, nulla.Trovarsi presi in mezzo alla mia età, con un ragazzo così.Non ha un bel carattere , lo sai questo?"
"Tutti lo sanno.Bel figlio ti sei trovato."
"Già."
Intanto la gara era finita e la gente cominciava a camminare in cerca del bibitaro e dei cocacola freschi, oppure di un quartino di vino da bere in attesa delle 125 che stavano scaldando ora i motori.
Una in particolare copriva il rombo di tutte, era la nuovissima Mondial bialbero che aveva vinto l'anno passato a Faenza.
Omer Melotti in persona la stava scaldando con colpi secchi e ben dosati, la testa posata contro la grossa testata a carpirne i suoni.
Dalla piazza lo videro, il casco rosso con gli occhialoni e qualcosa che brillava in mano.
Vederlo fu rivivere i sogni della sua giovinezza, e le lacrime ora sgorgavano, poche, ma ciò che bastò a Piera per capire bene, fino in fondo, e vedere il suo essere uomo, uomo che sa e piange e sogna, perchè solo piangere si sarebbe potuto e poi sognare per costruire.
Questo vide Piera, questo sentì Andrea , le budella in gomitolo, con Bernardo a due dita, secco ma con quel blu in viso pronto a scoppiare.
Troppe parole ci sarebbero state da fare, troppe lacrime da versare.
Fu il sorriso genuino e raro di Bernardo a mettere pace nei cuori, e quella voglia di vivere che la vittoria gli regalava una volta in più.
"Andiamo a bere una volta , ho una sete del demonio.Vieni anche tu Piera.Mi fa piacere."
"Andiamo."
La piazza era grande e vuota, grandi cumuli di giornali stavano sparsi ai lati, e pochi e radi passanti si affrettavano per cogliere la partenza.
Tutti si stavano affollando intorno al viale, dove i motori risuonavano secchi, crepitando con boati via via più cupi.
Qualcosa si muoveva sopra di loro, scuro e spesso.
Da dietro, Piera guardava i due parlare come si fa tra uomini, e ora non poteva non notare la rassomiglianza, la postura, la camminata.
"C'era una curva dove il motore si imballava, dovrò regolare meglio il getto del massimo.."
Serio, con aria attenta e grave, Eroe annuiva e ascoltava tutto.
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