Doveva essere gente ben ricca oppure solo col buon gusto per
comprare una bici del genere nel bel mezzo della piana cuneese.
Sì che da quelle parti soldi ne giravano e ne girano ancora,
ma nel Parco Bici al massimo qualche Dei o una Bianchi Real ad andare bene,
usata poi negli anni della moto e della macchina dai mezzadri a bagnare campi
oppure a poltrire in soffitta.
Proprio questa fine fece questa verde Taurus, mi dicono
modello 27, una rarità nella mia provincia come un suonatore tirolese alle
Bermuda.
Eppure ci è arrivata, subito dopo la guerra, a tenere
compagnia alla Bianchi Scettro che presenteremo poi.
La nipote del primo e unico proprietario se la ricorda da
piccola, nei primi anni 60, quando imparò ad andarci sopra con la gamba sotto
alla canna, ( ai tempi le bici da bimbo erano un giocattolo considerato ozioso
ed inutile, roba da signorotti di castello, meglio andare subito con le bici “vere”,
se ci si fa male si impara prima come è davvero la vita).
Dalla cascina del 700 ben affrescata si andava in paese, che
sta giù nella conca e me la immagino sotto i portici umidi di autunno, mentre i
vecchi discutono nelle mantelle e poppano i toscani tra i baffi ingialliti,
dicendo che “prima della guerra, si che
era un’altra cosa..”
Vennero poi i tempi delle moto, delle auto a buon mercato,
dei trattori per tutti e molte sue
colleghe finirono dimenticate.
Chi, come lei in soffitte calde e asciutte, chi dietro a
portici a marcire, chi dirette al rottamaio.
E bene le andò, perché quasi sicuramente un uso intenso
negli anni ‘70 e ‘80 non le avrebbero risparmiato la bella sella in crine
marcata Taurus e anche la vernice , secondo me, sarebbe saltata qui e là per
essere poi magari coperta da qualche
minio di cascina .
Non credo sarebbe arrivato a noi il bel gruppo luce Lince
anni ’40 .
I pedali originali, almeno le gomme, li abbiamo salutati
negli anni ’50,
così come il padellino del carter e il mozzo posteriore, sostituito con uno più vecchio ad ingrassatore dal buon ciclista Giubergia detto il “Novara” che feci in tempo a conoscere prima che se ne andasse da questo sporco mondo.
così come il padellino del carter e il mozzo posteriore, sostituito con uno più vecchio ad ingrassatore dal buon ciclista Giubergia detto il “Novara” che feci in tempo a conoscere prima che se ne andasse da questo sporco mondo.
Adoro al finezza della regolazione catena sui forcellini posteriori, strettissimi e snelli, così come il sistema di frenatura posteriore tipico delle Taurus .
Sinceramente questa Taurus rappresenta una duplice vittoria per
un cacciatore di vecchie bici par mio: uno, perché una Taurus è sempre una
Taurus ed erano anni che ne cercavo una così.
Due, perché come dicevo da queste parti dire Taurus è come
dire sesso in Chiesa, cioè nulla, non esiste
( credo ne abbiano vendute, ad essere ottimisti, una decina,
questa è la prima che vedo e sento dopo centinaia di bici passatemi per le
mani).
Nell’attesa del ripristino riposerà quieta in garage:
dopo quaranta anni di soffitta un po’ di Mondo lo dovrà ben vedere!
2 commenti:
Stupenda, grazie per questo racconto
Leggendo il tuo racconto rivivo il racconto di mia madre e mio zio...
E di loro, oltre a ricordi preziosi, ho ancora una Taurus 27 a cui a breve dovrò rinunciare per motivi di spazio... trovare un compratore appassionato come te sarebbe un grande sollievo. Fammi sapere se può interessarti, così posso mandarti qualche foto... è sicuramente più recente, con cambio sul mozzo...
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