Sono quelle delle mie origini più lontane, valli sconosciute
ai più dove ancora molte persone coltivano la castagna e la patata sulla terra
scarsa , sfidando neve e gelo e pendenza.
Posti difficili, dove ogni oggetto è sacro e va mantenuto
efficiente perché scendere a valle per qualsiasi motivo è di per sé un lavoro.
( la montagna è una forma di disciplina).
Per questo ogni volta che un valligiano mi chiama , con la
parlata strettissima che tanto amo, mi si illumina il cuore.
“Una bici a bacchetta,
col bollo del ‘8. Ferma da quanto? Ah non saprei, di sicuro io l’ho sempre
vista là…Se la vuoi..vieni!”
E si rifà sempre con piacere il tragitto disseminato di
curve e sassi e qualcosa di neve che mi porterà alla Colla, per discendere sino
alle Serre .
Posto paradisiaco, incantato: Tolkien avrebbe potuto
benissimo ambientarci un piccolo
romanzo.
Le case sono ordinatissime, nemmeno un mozzicone è a terra
ed i valligiani ti studiano con occhio attento e diffidente.
Solo due parole di dialetto e una stretta di mano allentano
gli animi ed esplodono un sorriso che ti
riconosce amico.
Dal cortile piccolo e pittoresco , lo sguardo sale al
lobbiato in legno ed alle pannocchie del piccolo mais montagnino: saranno date
ai polli, qui nulla si spreca e tutto fa risparmio.
Salendo per la scala in pietra dagli scalini mastodontici,
indovino l’età della bicicletta che tra poco ammirerò.
L’hanno appena tirata giù dai chiodi in legno infissi nelle
pietre: è sporca, arrugginita, molto fiera.
Nel portagiornale una zucca incartapecorita che fungeva da
fiasco è ancora incastrata , immobile.
“Era del nonno. Penso
che non l’abbia più usata dalla guerra. Ci andava in pianura , con quella: 60
andare 60 tornare.. altri tempi…”
Solite frasi di circostanza, l’ennesimo amore che ti fa
affrontare gli scalini con gusto , le dita che stringono solide il ferro che si
è fatto bici.
La nonna la guarda ancora una volta con tristezza e
nostalgia, il nonno non è più qui da molto tempo.
Rassicurata con qualche battuta di buon dialetto, carico la
conservatissima bici sul portapacchi, assicurandomi che la zucca non si sfasci.
Ci vorrà del tempo prima che riceva le cure promesse: appoggiata al muro, nella nuova officina, me
la godo ora per ora sognando il tempo trascorso.
Le sue ragnatele, la sua ruggine, i suoi dettagli, parlando
ben più di un libro di storia e vanno diretti al cuore di appassionato.
Ci sarà tempo per operare, ci sarà tempo per sognare.
Ciclo There, Torino.
Cerchi 28 5/8
Mozzi e guarnitura
There
Gemma in vetro
Sella There
Manopole in corno
d’osso di bue
Pedali a 4 gomme
originali
Ultimo bollo pagato:
1938.
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