sabato 3 luglio 2010
La pioggia è gioia (parte quinta)
Gli alberi del viale erano stupidamente in fila, ritti tra le ombre dei lampioni arancioni.
Per un poco stette a fissarli, con ostinazione.
Da un'ora tutto non appariva più nitido e chiaro come il giorno prima.
Bizzarro come ciò che fu il loro rifugio d'amore ora non apparisse che come una lunga lenta sterminata fila di alberi marciscenti.
D'un botto Eroe ingoiò i 3 anni con Neta,come un grappino di inverno dopo una mattinata di neve.
Porte che sbattevano, il rumore dei tacchi sulle scale, il pianto subito forte e bagnato sul naso le labbra e il colletto, le gambe molli e voglia di urlare correre,questo era stato quella sera dopo il campanello.
"Devi lasciar perdere.Non sarebbe giusto, per te e per me.Fattene una ragione.Non ti amo."
Fu quello il momento in cui le budella di Eroe si ritorsero e tutte quelle cose che sentite succedere ad altri siete voi e non è il film della domenica noioso e con il solito dolore intercostale del secondo tempo, siete voi e la pellicola non gira, ma va avanti e prosegue, fino al fondo prosegue.
"Ma diocristo, cosa ti salta in mente?Dopo 3 anni?"
"Appunto.Tre anni buttati, con un garzone.Ma svegliati, questa storia dell'eroe a chi la vuoi ancora dare a bere?Non manterrai una famiglia con storie di guerra e due raggi rotti."
"Tu e i tuoi.Pieni di zuppa coi vostri diplomi.Sapete fare nulla se non darvi arie.Pieni di bagna ."
"Come vuoi dare un'educazione a tuo figlio, se parli sempre cosi?Faccio bene a cercare un altro uomo, qualcuno che abbia un avvenire."
Un avvenire.
Lui che aveva quasi dato la vita per fare stare bene questi quattro tacchini che si erano nascosti chissàdove.
"Tu non sai nulla della vita, nulla.Ancora stavi attaccata alle gonne quando io sparavo per farvi stare come papi, e ora mi dici che non ho avvenire?Impiccati.Sicuro, dovreste impiccarvi tutti, vigliacchi!"
La panca era dura e secca, come il fiato che si faceva ora più corto e rotto.
Coppie di innamorati andavano lente verso la Piazza d'armi a cercar pace e fare l'amore.
A quello spettacolo avrebbe voluto insultare con tutta la forza loro e il maledetto giorno che si era fatto uomo e le sue voglie e i desideri e i sogni.
Maledetto il giorno che la vide piccola e si innamorò andando a chiedere al padre il permesso di parlarle.
"Cosa fai ?"
"Ciclista"disse secco.
"Che è come dire nulla."
"Aggiusto bici da 14 anni, me la tolgo."
"Studiato?"
"L'obbligo.Ma cosa serve a aggiustare bici."
"Serve a non fare figure con mia figlia, lei sarà maestra."
"Guidi?"
"La bici.Ma tra un anno prenderò il Guzzino."<
"Il Guzzino.Ma se io alla tua età guidavo il 500 Gilera."
Vecchio porco banfone.
Crepasse.
Le auto cambiavano lentamente marcia alla curva del Santuario, grattando in doppietta, e Eroe avrebbe voluto pensare un posto lontano mille miglia.
L'Australia forse, di suo zio Mino.
Con nessuno proprio nessuno che vi conosce.
Lavorando avrebbe vissuto.
Sicuro.
Gente nuova.
E bici.
Bici rotte e canguri.
A quei pensieri sorrise, pensandosi giovane e forte com'era.
La sera mandava le prime ombre dalla collina, radi anziani in bicicletta passeggiavano verso il Santuario per la preghiera della sera.
Uno lo salutò, riconoscendo in lui quel giovane che aveva aggiustato tanto bene la gomma della bici.
Eroe sentendo caldo e voglia di parole guardò orgoglioso la moto fiammante tra i raggi di sole, pensando già alla frescura e ai vecchi dell'Osteria.
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Galeasso Andrea romanzo,
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